A 400 anni dalla morte di Shakespeare, un dubbio continua a insinuarsi: il Bardo potrebbe avere origini italiane e più precisamente siciliane? L’ipotesi più che plausibile, supportata da numerosi indizi, è avanzata da Domenico Seminerio, il quale a sua volta si basa su quella del professor Martino Iuvara (studio: Shakespeare era italiano), secondo cui il giovane Michelangelo Florio, nato a Messina dal medico Giovanni e da Guglielmina Crollalanza, lasciò la città natale a 18 anni per sfuggire all’Inquisizione spagnola. Michelangelo compì in Veneto i suoi studi universitari e s’innamorò di una ragazza che, guarda caso, si chiamava Giulietta e si uccise, perché il suo amore era contrastato. In seguito, il giovane Michelangelo, andò ad abitare in una casa chiamata in dialetto locale, “Ca d’Otel”, Casa di Otello, dove, seguendo la leggenda, Otello, un capitano della Repubblica veneta, aveva ammazzato la moglie Desiderata, detta Desdemona. A Padova, dov’era iscritto all’Università, il giovane Michelangelo conobbe due studenti danesi, Rosengrantz e Guildestern che, con la stessa qualifica e con gli stessi nomi, ritroviamo nell’Amleto, a dimostrazione del fatto che erano realmente esistiti. Michelangelo Florio conobbe anche Giordano Bruno, reduce dall’Inghilterra, dove aveva conosciuto un certo John Florio, cugino del padre di Michelangelo. Il filosofo gli consigliò di emigrare in Inghilterra poiché c’era abbastanza libertà religiosa e lì, il cugino di secondo grado, John, pare lo abbia messo sotto la protezione di Lord Pembroke. Michelangelo, non si sa se per suggerimento del cugino o del protettore, cambiò nome, adottando quello della madre. In inglese Guglielmina diventò Guglielmo cioè, William, mentre Crollalanza, shake speare, ovvero scuoti lancia, quindi, William Shakespeare. A ulteriore supporto della sicilianità di Shakespeare, ci racconta l’autore, c’è il famoso ritratto in un museo inglese, il primo di Shakespeare giovane, che non presenta nessun tratto tipico inglese: ha il colorito olivastro, capelli neri, occhi a mandorla. Anche a Cefalù, presso il Museo Mandralisca, si può notare una somiglianza tra il famoso uomo di Mandralisca di Antonello da Messina e il ritratto di Shakespeare. Non sono queste le uniche ipotesi a supporto dell’origine siciliana di Shakespeare: dopo la pubblicazione del suo romanzo, una docente di matematica specializzata in algoritmi, ne ha scoperte altre, altrettanto affascinanti e verosimili, che meritano approfondimento. Il manoscritto di Shakespeare, è un affascinante romanzo che si tinge di giallo e si snoda in maniera fluida attraverso una riuscita commistione di stili che richiamano Sciascia, Verga, Pirandello, fino a Camilleri, che vi viene direttamente omaggiato. Un ottantenne maestro elementare in pensione, venuto in possesso di antichi e preziosi documenti comprovanti l’identità siciliana di Shakespeare, deriso dai parenti, in primis una moglie ignorante, si rivolge a un noto scrittore di provincia perché ne narri la storia. Nel mezzo, un microcosmo sociale che si allarga man mano che la storia prende corpo, fino a fornire un dovizioso spaccato di un ambiente, la provincia siciliana, nel quale forte è il controllo sociale e ancor più quello mafioso, con cui lo scrittore, seppur distratto dai suoi studi, sarà costretto, suo malgrado, a fare i conti. È un romanzo colto: ogni capitolo si apre con una scena di Molto rumore per nulla, che pare Shakespeare abbia scritto in siciliano (Tanto scrusciu pi nenti) e appassionante, con l’immancabile suspence di una storia che compie intricate acrobazie. Si legge tutto d’un fiato, anche grazie a una scrittura immediata e al discorso indiretto libero, molto caro all’autore e dal quale ben si evidenzia la “sicilianità”, uno dei tratti che pervadono il racconto. Una risorsa o un difetto? Seminerio ci ha spiegato che, mentre come individuo il siciliano ha delle peculiarità eccezionali, l’isola è invece un insieme di monadi diverse che non riescono a fare collettività, forse a causa delle aggressioni e degli sfruttamenti che ha subito, soprattutto negli ultimi due secoli, senza sapersi difendere efficacemente. Non si dimentichi, inoltre, tiene a precisare, che un conto è essere siciliani, un conto è “fare i siciliani”, secondo i fuorvianti modelli delle fiction televisive, uno stereotipo che non corrisponde alla realtà. Gli stereotipi, così come i pregiudizi, hanno solo qualche punto di contatto con la realtà, ma sono un’altra cosa. Domenico Seminerio, breve profilo Già professore di Italiano e Latino presso il liceo classico di Caltagirone, la sua città. Ha pubblicato con Sellerio, Senza re né regno (2004), Il cammello e la corda (2006). Ha scritto due poemetti e studi archeologici sul territorio di Caltagirone. Vincitore a Ischia del premio Domenico Rea.