RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO – E’ il caso di soffermare la nostra attenzione sulla lettera della Regione Lazio del luglio 2005 diretta:
* al S. F. della Regione Piemonte – Torino;
*al MIPAF Servizio Fitosanitario Centrale – Roma.
Riteniamo infatti contenga elementi più che significativi per confermare la NON lotta al cinipide della Regione Piemonte, ma unicamente LA SALVAGUARDIA del proprio VIVAISMO. Infatti in questo documento si legge:“Codesto Servizio ha inviato l’elenco delle ditte laziali che nell’anno 2004 hanno acquistato astoni di castagno da vivai Piemontesi situati nei pressi di zone infestate dall’imenottero cinipide Dryocosmus Kuriphilus Yasumatsu.Sulla base di tali indicazioni, ed in attuazione di quanto stabilito dal D.M. 31.01.1996, il Servizio Fitosanitario ha provveduto ad effettuare controlli fitosanitari e documentali presso i vivai segnalati, e presso le aziende castanicole, che da essi si sono approvvigionate. Dagli accertamenti effettuati si è riscontrata la presenza di galle di Dryocosmus Kuriphilus su alcune piante di castagno provenienti dalle ditte piemontesi “ ALFA e BETA. “Le piante con sintomi riferibili alla presenza del cinipide sono state immediatamente fatte distruggere, sia in vivaio che negli impianti”. Ed ancora. La Regione Lazio puntualizza la propria preoccupazione: “Tali rinvenimenti destano forte preoccupazione, oltreché per il danno contingente, soprattutto per il rischio di insediamento del cinipide nel Lazio, cosa che potrebbe causare enormi perdite economiche e di immagine.” : E adesso arriva il piatto forte: “Altresì, considerato che i vivai da cui è partito il materiale infestato sono autorizzati all’uso del passaporto delle piante U.E. nonché accreditati come fornitori, e quindi sottoposti ad uno stretto regime di controllo fitosanitario, si rappresenta la necessità di conoscere le modalità di monitoraggio e di eradicazione del fitofago da codesto Servizio, anche, al fine di elaborare nel Lazio, una efficace strategia di eradicazione del cinipide del castagno.”SIC!
Qualche approfondito commento ci spetta di diritto. Ed allora procediamo:
- alcuni vivai piemontesi hanno venduto astoni di castagno prodotti nei pressi di zone infestate dal cinipide (confronta anche la lettera diretta alla Vallecimina dell’ 08/10/2010- vedi terzo nostro documento). Per parte nostra abbiamo precedentemente ribadito che non ci si poteva aspettare altro da quanto qui affermato per la COPERTURA che la Regione Piemonte dava ai vivaisti del suo territorio ovvero, prima di ogni altra cosa, la tutela del vivaismo locale poi, se non avesse disturbato, tutto il resto.
- il Servizio Fitosanitario della Regione Lazio ha provveduto ad effettuare controlli fitosanitari e documentali presso i vivai segnalati e presso le aziende castanicole che da esse si sono approvvigionate. Cioè il Lazio ha fatto quello che doveva fare il Piemonte ed ha rilevato quanto è esplicitamente scritto. Quest’ultimo doveva invece tutelare solo i suoi vivaisti?
- la distruzione delle piante è avvenuta immediatamente, sia in vivaio che negli impianti, su impulso della sola Regione Lazio. Il Piemonte che faceva e cosa aveva fatto prima che tale materiale uscisse dal suo territorio?;
- questi vivai dai quali è partito il materiale infestato “sono autorizzati all’uso del passaporto, erano anche accreditati come fornitori per cui avrebbero dovuto essere sottoposti ad uno stretto regime di controllo fitosanitario”. E quello che si legge è il risultato perché lor signori tutto hanno fatto tranne quello che dovevano fare, ovvero garantire la sanità di quanto prodotto dai vivai soprattutto se e quando veniva venduto.
- La domanda è d’obbligo: E’ STATO FATTO O MENO LO STRETTO CONTROLLO FITOSANITARIO di cui specifica la Regione Lazio? CHI LO HA FATTO? OPPURE NON E’ STATO FATTO, come è facilmente ipotizzabile?
- Come si concilia tutto questo con il vincolo più volte dichiarato dalla Regione Piemonte che la commercializzazione del materiale vivaistico da POTER VENDERE DOVEVA ESSERE NON INFETTATO??? Abbiamo precedentemente affermato che erano inconciliabili il produrre in zone nelle quali era presente il cinipide e ricavare materiale sano. Questi due obbiettivi, ripetiamo ancora una volta, non sono perseguibili contemporaneamente. Questa è una verità palmare.
- Dei propri vivai è responsabile la Regione. Ci spieghi allora come mai questi vivai hanno potuto fare quello che hanno fatto e godere di certi privilegi. In un contesto come quello delineato è ingiustificabile che i vivaisti possano continuare ad auto rilasciarsi da soli i “certificati di sana produzione” ???
- Una attenzione particolare la vogliamo dedicare all’ultimo paragrafo della lettera in esame perché abbiamo il dubbio che la Regione Lazio più che chiedere chiarimenti, volesse esprimere considerazioni di natura diversa. Se la situazione è quella descritta riteniamo infatti che da quel contesto il Lazio non avesse nulla da imparare.
- Tutto quanto fin qui scritto è ancora più grave ove si tenga presente l’affermazione contenuta nella pubblicazione piemontese “A tutto campo del 2003 dove è scritto: “Inoltre, nella nostra regione esiste un intenso scambio di materiale di propagazione di castagno anche per la presenza di alcuni vivai specializzati e per una ripresa di interesse per la castanicoltura registrata negli ultimi anni. ”Guarda caso l’articolo è a firma niente meno che dei Dott. Brosio e Brussino del S.F.R. Piemonte.
- Quindi tale Servizio sapeva: dell’intenso scambio di materiale di propagazione di castagno all’interno della regione, dell’esistenza di vivai specializzati, di una ripresa di interesse per la castanicoltura “negli ultimi anni”. Sapeva pure però che:
- * già prima del 2002 (vedi anche la delibera di Giunta Regionale del 5 maggio 2003) il cinipide era arrivato in Piemonte con l’importazione di materiale di propagazione infestato.Attacca tutte le varietà del genere castanea;
- “Questo insetto determina la formazione di galle a carico dei germogli del castagno, deprimendo lo sviluppo vegetativo delle piante e causando una drastica riduzione della fruttificazione.”
- Andava ad incidere sugli aspetti paesaggistici, ambientali e idrogeologici;
- Aveva già (2002) colpito i comuni di Chiusa Pesio e Borgo San Dalmazzo;
- “ In queste aree risultavano già particolarmente infestati i territori di Boves, Peveragno e Robilante.”
- “In questi territori sono già state riscontrate perdite di produzione.”
- “L’estensione dell’infestazione è tale per cui si può considerare che l’insetto sia stabilmente insediato e non sia più possibile la sua eradicazione.”
* La distanza tra questa zona ed il vivaio Gambarello, di proprietà della Regione, è solo di pochi chilometri, ovviamente in linea d’aria ancora meno. Ribadiamo che, proprio dal Gambarello sono, inconfutabilmente, uscite piantine infestate.
- Da questo quadro rappresentato proprio dal S. F .R. se ne può tranquillamente desumere, senza tema di essere smentiti, che, almeno nelle località indicate, il cinipide era già presente da qualche anno prima del 2002.
- Riteniamo ancora di precisare che il D.M.31/01/1996, sopra richiamato dalla Regione Lazio, all’art. 1 afferma: “Il presente decreto ha per oggetto le misure di protezione contro l’introduzione e la diffusione nel territorio della Repubblica Italiana di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali.” All’art 2: “Il passaporto delle piante costituisce l’etichetta ufficiale atta a dimostrare che le ispezioni previste dal presente decreto sono state rispettate.”L’art.13 afferisce al passaporto delle piante, l’art.15 disciplina lo spostamenti di materiali. L’art.17 Stabilisce, tra l’altro, che:”I controlli devono essere sistematici nelle aziende iscritte nel registro ufficiale di cui all’art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n.536 ed essere mirati qualora siano emersi elementi che lascino supporre l’inosservanza di una o più disposizioni del presente decreto.”
- Che cosa ha fatto, come ha risposto, se ha risposto, la Regione Piemonte? Quale posizione ha preso, cosa ha detto, che cosa ha fatto il S. F. Centrale chiamato, di fatto, in causa dalla nota in esame?
Più questa storia, questa vicenda si approfondisce, più si concretizza l’idea che il Piemonte riteneva che, anche nella vicenda cinipide, la natura facesse da sè, come successo con altre avversità. Aveva investito molto per la ripresa della locale attività vivaistica, aveva tollerato che i vivaisti non si fossero preoccupati di rispettare le regole, che la Regione per ben tre volte aveva decretato la lotta al cinipide sì, ma la salvaguardia dell’attività vivaistica sopra ogni cosa. Basta tenere in mente anche l’accanimento con il quale ha partecipato alle lunghe ed estenuanti diatribe nella predisposizione del decreto di lotta al cinipide, durate oltre un anno, nonché la rabbiosa lettera con la quale il proprio Assessore all’Agricoltura ha chiesto uno spropositato risarcimento che avrebbe compensato le perdite causate da tale atto. Noi restiamo dell’avviso che chi ha fatto danni ha l’obbligo morale e civile di ripagarli. La Vallecimina si è tutelata nelle sedi opportune.