La fondazione Edison e la Società editrice, il Mulino, con la collaborazione del Banco di Napoli, in data 22 ottobre, hanno presentato al pubblico il volume “L’Economia reale nel Mezzogiorno” in cui sono raccolti, a cura di Alberto Quadrio Curzio e Marco Fortis, gli atti del convegno svoltosi a Roma 23 ottobre 2013 (organizzato dall’Accademia dei Lincei e dalla Fondazione Edison). Tali studi sono stati poi rapportati ai tempi per l’edizione a stampa. Il presidente del Banco di Napoli Maurizio Baracca, dopo il saluto istituzionale ha rilevato le difficoltà logistiche del Porto di Napoli, anche rispetto ai tempi di partenza dei container. L’Italia, difatti, per quanto riguarda la lunghezza delle sue coste, è uno dei primi venti paesi al mondo, terzo in Europa dopo Grecia e Regno Unito, poiché ne possiede circa 7.600 chilometri. Pur conservando (ovviamente), la sua favorevole posizione geografica, da tempo non è ricordata più come la “piattaforma logistica del Mediterraneo”, ossia luogo prediletto quale punto di sbarco per le portacontainer (le navi su cui sono trasportati quasi tutti gli oggetti che acquisiamo), e per le petroliere.
La presentazione del testo è parsa un’ottima occasione per rielaborare vecchie e nuove prospettive per il mezzogiorno d’Italia, anche con riferimento alle speranze che possiamo vantare rispetto alla recente approvazione (decreto del 16 ottobre ‘14), da parte del ministero dell’Ambiente, del progetto dell’Autorità Portuale di Napoli, che riguarda anche il dragaggio dei fondali dell’area e prevede il deposito dei materiali prelevati, nella cassa di colmata della Darsena di Levante. Le problematiche del porto di Napoli sono esaltate dal suo commissariamento, che dura da circa 590 giorni e si attende con ansia la nomina del presidente dell’Autorità Portuale, che a tutt’oggi è retta dal commissario straordinario Francesco Karrer. Ad agosto del 2014, su ventiquattro autorità portuali, ben nove erano sotto regime commissariale, ossia il 37,5% del totale: Manfredonia (che non ha mai avuto un presidente ma solo commissari), Catania (dicembre 2012), Napoli (marzo 2013), Piombino (luglio 2013), Olbia (settembre 2013), Cagliari (novembre 2013), Augusta (dicembre 2013), Gioia Tauro e Ancona (entrambe a maggio di quest’anno). Con questo però non c’è da rallegrarsi di essere “in compagnia”.
Di seguito ha preso la parola il presidente della Fondazione Edison, Umberto Quadrino, facendo riferimento alla Svimez e a Pasquale Saraceno (che fece parte del centro di ricerche e studi specializzato sul Mezzogiorno), e alle “quattro D” che frenano l’Italia. In successione, si sono svolti gli interventi dei già ricordati curatori del volume Curzio e Fortis, attraverso i quali è apparsa primaria la volontà di vedere il mezzogiorno equipararsi al resto d’Italia per un bisogno nazionale, specificando che le potenzialità delle risorse umane del sud non sono da meno di quelle del nord, anzi, dimostrano di possedere grandi capacità di adattamento laddove riescono a esprimersi malgrado situazioni logistiche difficili. Quelle stesse potenzialità umane che (dal momento in cui occorre la “fuga dei cervelli”), il meridionale dimostra ulteriormente, esprimendosi al meglio in ambiti logistici più consoni come nel nord d’Italia. Curzio ha anche ricordato la storia dell’illuminismo meridionale ed ha posto in luce le possibilità insite nel quadro poliennale 2014/20120. Marco Fortis ha poi suggerito i punti di forza presenti nel valore aggiunto manifatturiero per cui quello del Mezzogiorno d’Italia è stato pari a 28,8 miliardi di euro, quindi superiore a quello di nazioni europee come la Finlandia (27,1 miliardi), la Romania (26,9 miliardi), la Danimarca (23,2 miliardi), il Portogallo (20,2 miliardi), la Grecia (19,4 miliardi). Parliamo di un’economia che va dal genere alimentare all’abbigliamento, dall’arredamento all’automazione meccanica. Riesce comunque difficile scardinare l’attuale situazione del mezzogiorno d’Italia rispetto ad alcune valutazioni storicistiche che vorrebbe vedere l’impresa dei Mille come compiuta con l’appoggio della mafia in Sicilia, e della camorra a Napoli. C’è chi sostiene che le ultime parole espresse da Camillo Benso Conte di Cavour in punto di morte non fossero soltanto: “L’Italia è fatta”, ma che avesse aggiunto:-“Non dimenticate il meridione d’Italia”. Quel meridione che –“Per quanto riguarda invece la circolazione monetaria del Regno, questa fino al 1860 era il doppio di quella di tutti gli altri Stati della penisola sommati tra loro. La “Zecca” disponeva di uomini, materiale e macchine di grande prestigio, ma tutto ciò scomparve dopo il 1870.”[1]
La moderazione della tavola rotonda è stata affidata al direttore del Mattino Alessandro Barbano il quale, da giornalista, ha inteso dare ai vari interventi succedutisi, il senso di una logica portata al presente. Tanto per vincere la tentazione di continuare in “geremiadi” che si rifacciano a problematiche antiche. In tal senso ha proposto di “utilizzare la misura del cambiamento”, chiedendosi anche cosa sia cambiato, ad esempio, dal punto di vista del futuro dell’industria meridionale, ma anche cosa sia cambiato nella qualità della classe dirigente e rispetto al capitale umano, all’impresa e al credito e all’impresa e allo sviluppo. Introducendo quindi le questioni legate alle regole del lavoro e al tempo decisionale. Accennando anche alle problematiche delle regioni italiane e alla possibilità che alcune di queste possano raggrupparsi, diminuendo i tempi delle decisioni.
Ha poi preso la parola Giuseppe Calcagni, presidente del gruppo Besana (che realizza una produzione annua di oltre 16.000 tonnellate di frutta secca ed essiccata, circa ottantacinque milioni di piccole confezioni, impiegando complessivamente circa 400 dipendenti in Italia e ulteriori 300 all’estero), il quale ha evidenziato molte positività, specialmente nel settore “imballaggi e confezioni”. Rispondendo categoricamente alla domanda.-“Cosa ci manca?”- nel divario tra nord e sud, ha affermato che non è la creatività a fare difetto ma “cento chilometri di autostrada e due porti”, volendo così evidenziare che le difficoltà nei trasporti rendono più costosi il cammino dei prodotti nella stessa Italia. Umberto Masucci, Presidente International Propeller Clubs,[2] (associazione culturale che promuove l’incontro e le relazioni tra persone che gravitano nei trasporti marittimi, terrestri e aerei), ha in seguito delineato i fattori positivi, precisando che “siamo capaci di fare impresa nel nostro settore”- “siamo internazionalizzati e non dipendiamo dalla politica o dalla cultura”- Naturalmente il discorso è poi “approdato” ai porti, alla burocrazia e al già ricordato commissariamento per otto di questi, tra cui sei al Sud.
In effetti vien fatto di pensare che se i porti di Napoli e Salerno trovassero modo di operare assieme migliorerebbero i risultati logistici di entrambi.
Nell’intervento dell’imprenditore Paolo Scudieri, Presidente dell’azienda di famiglia Adler Group e della SRM (Studi e Ricerche Mezzogiorno), si è parlato del settore manifatturiero e delle discrepanze della filiera dell’agroindustria. E’ stato evidenziato come la “pizza”, patrimonio del meridione, abbia potuto, seppure in ritardo[3] divenire regina dell’esportazione in Italia e oltre. A tal proposito il moderatore Alessandro Barbano, ha inserito un aneddoto su Matilde Serao (fondatrice de “Il Mattino”) :- “La pizza, tolta al suo ambiente napoletano, pareva una stonatura e rappresentava una indigestione; il suo astro impallidì e tramontò, in Roma; pianta esotica, morì in questa solennità romana.”[4]In chiusura hanno preso la parola Chicco testa,[5] Presidente Assoelettrica, il quale ha evidenziato tra l’altro la morfologia e geografia del mezzogiorno che indica per alcune zone bassa densità abitativa rispetto ad aree molto estese e Marco Zigon, presidente di Getra, di Caserta, il quale, nato in Campania, vi combatte intelligentemente la sua battaglia: Egli evidentemente si augura che sempre di più nel Paese vengano meno tutti quegli intralci che vietano “lo sviluppo competitivo delle Imprese”. Alla fine viene fatto di rilevare che, benché l’inceneritore di Acerra, pur tanto soggetto di sfiducia da parte della popolazione, funzioni benissimo, per i politici meridionali risulti difficile proporne la costruzione di un altro, pena l’antipatia dei votanti. Chiudiamo con la riflessione che i problemi strutturali dell’economia del Mezzogiorno si annidano anche nella formazione del capitale umano, nella problematica efficienza della pubblica amministrazione, nella necessità che la giustizia possa essere intesa come protezione sociale (anche con riferimento alla malavita, quella sì, organizzata), e con l’attenzione maggiorata nei confronti del flusso immigratorio convulso (che non sempre trova spazi nel mercato del lavoro, ma facilmente nella criminalità) e giusto per chiudere, nelle problematiche gravissime rapportate all’agricoltura della cosiddetta “Terra dei fuochi”. Bianca Fasano