Cava de’ Tirreni – Al Marte, la personale di Maria Grazia Mancino

CAVA DE’ TIRRENI – Il MARTE Mediateca Arte Eventi di Cava de’ Tirreni (Salerno) inaugura domenica 11 maggio 2014 alle ore 19.00 la personale di Maria Grazia Mancino, “Essere”, a cura di Matilde Nardacci e Alfonso Amendola. Visitabile fino al 3 giugno.
<<In questo mio progetto – spiega l’artista – presento, tra gli altri, 4 quadri nuovi, che rappresentano gli elementi del Pianeta e con cui voglio sottolineare, attraverso una mia poesia, la necessità di una ricreazione del mondo. Abbiamo rovinato e offuscato la bellezza del posto in cui viviamo: dobbiamo impegnarci a cambiare il mondo, come diceva Gandhi>>.
 
Di seguito, i testi critici dei due curatori:

Del pittorico e dell’infinito
di Alfonso Amendola
“Ed è in certi sguardi che s’intravede l’infinito” (Franco Battiato)
 
Ciò che non ha limiti. Ciò che non ha un punto finale. Ciò che è divino. Ciò che a parole non potrà mai dirsi. Sono queste alcune, solo alcune, definizioni d’infinito. Categoria cara ai filosofi e ai metafisici, agli scienziati e ai mistici. Tema di totale inquietudine (da Oriente ad Occidente). Ma soprattutto categoria e visione d’esperienza cara agli artisti. Al di là della matrice fondativa che ha in William Blake, Borges, Novalis e soprattutto in Giacomo Leopardi l’indiscusso apice, l’infinito è un sentire da sempre dentro le visioni e le scritture degli artisti. E lo indagano l’infinito, lo raccontano, lo contemplano, lo indicano come motore ed energia, sguardo e possibilità, linfa ed ascensione. E proprio verso questo tema non facile da catturare e di totale fascino, da tempo la pittura di Maria Grazia Mancino si orizzonta. Un tema, questo dell’infinito, che ce lo indica dentro una figurazione puntuale da un lato e visionariamente onirica da un altro. E il suo dipingere – a partire dal motivo dell’infinito- è sempre un continuo attraversare l’inquietudine, l’elevarsi, il guardare ulteriore, la sensibilità che diviene segno, l’emozione della contemplazione. Il tutto dentro una decisa deflagrazione di un pittorico fluido, molteplice, denso, diretto, sognante, colorico. Perché un artista non s’accontenta mai dell’orizzonte possibile, cerca sempre qualcosa in più. E nel caso della Mancino è sempre l’infinito, nel suo scandaglio potente, ad essere obiettivo e motore creativo. Con uno sguardo ora rivolto alla sapienza visionaria di un certo surrealismo e al contempo lucidamente mitigato da un gusto per le forme e per un realismo narrativo. Insomma, il procedere pittorico di Maria Grazia Mancino nell’indicarci la sua “idea” d’arte dove l’infinito diventa etereo, sfumato… resta sempre un segno – perfettamente leggibile- dove la natura si condensa ed acquista una forza totale grazie alla magia del disegno, del racconto visivo, nella narrazione pittorica.



Dall’Essere fisico al metafisico
di Matilde Nardacci
La consapevolezza della creaturalità umana e di quanto lo caratterizzi come essere, pone l’osservatore- nell’esperienza contemplativa delle opere di Maria Grazia Mancino – di fronte ad una realtà “altra” che trascende quella mondana, inconsapevole e materiale e lo rende consapevole del suo divenire nel tempo attraverso il collegamento con il passato di cui si sente erede e con il suo proiettarsi nel futuro. I colori, l’indefinitezza degli spazi, gli specchi e le porte aperte sembrano volersi spalancare ad una realtà metafisica che vuole rivelare il nascosto dell’animo umano e strappare la maschera dell’apparenza dalla faccia della realtà che l’artista vuole disvelare attraverso le sue opere, da cui emerge il delicato rapporto tra il particolare, riconducibile alla propria esperienza personale, e la sua trasposizione sul piano dell’universale che è sempre un tutto rispetto ai “particolari” in esso presenti ed immanenti. Tuttavia, l’artista Maria Grazia Mancino, non vuole ergersi a paradigma dell’interpretazione esistenziale cui fare riferimento, ma sottolineare l’importanza della partecipazione dell’ESSERE a quella realtà che anima e che vivifica dall’interno. Un ESSERE che non è evidenziato nella sua univocità ma nella sua differenza con gli altri esseri, rinunciando ad ottenere, in questo modo, il concetto di essere in senso astratto.
Biografia Artista
Maria Grazia Mancino nasce ad Asmara nel Corno d’Africa (1961), da genitori italiani e vive stabilmente da circa trentacinque anni in Italia. Risiede a Pontecagnano, alle porte di Salerno dove ha il suo studio d’arte. Ha intrapreso studi universitari linguistici, nonostante la forte propensione alla creatività e all’arte sin da bambina. Da autodidatta si appassiona al disegno, alle tempere e alle matite. Ha all’attivo vent’anni di ricca attività artistica e ha esposto in numerose sedi prestigiose sia in Italia che all’estero. Tra le più importanti si ricorda: “Sale del Vittoriano” – Roma, “Museo dell’Opera e del Territorio” – Reggia di Caserta, “Ministero della Cultura” – Ankara – Turchia, “Università di Pomona” – Los Angeles, Fiera d’arte del Principato di Monaco, Quotidiano “Il Giorno” – Milano, Quotidiano “Il Resto del Carlino” – Bologna, Palazzo del Broletto” – Novara, “Palazzo Arese Borromeo” – Milano, “Castel dell’Ovo” – Napoli, “Fondazione d’ARS” – Milano, “Fondazione Gian Battista Vico” – Napoli, “Palazzo Renzo Piano” – Novara, “Archivio dell’Architettura Contemporanea” – Salerno, “Sala DOMUS TALENTI” – Roma, ecc. Immagini delle sue opere sono state utilizzate per pubblicazioni letterarie sia private che pubbliche e per i congressi internazionali della FAVO a Roma e dell’ESMO a Milano.