TORELLI DI MERCGLIANO – Sabato 29 alle 20,30 e domenica 30 marzo alle 18, penultimo appuntamento della Rassegna di Teatro Contemporaneo e di Innovazione del Teatro 99Posti di Torelli di Mercogliano che vedrà in scena il gradito ritorno della Compagnia dell’Eclissi di Salerno con un grande classico: “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello.
Diretti da Marcello Andria, con le scene di Monica Costigliola e le luci di Paco Summonte, saranno in scena: Felice Avella, Leandro Cioffi, Nunzia D’Amico, Lea di Napoli, Anna Maria Fusco Girard, Angela Guerra, Flavia Palumbo ed Enzo Tota per una piéce tra le più amate del grande drammaturgo agrigentino Premio Nobel per la letteratura nel 1934. Questa messa in scena dell’Eclissi ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi come: Premio Miglior Attore Protagonista (Enzo Tota) al VIII Festival nazionale d’arte drammatica di Imperia; Spettacolo vincitore della rassegna e premio migliore attrice protagonista (Flavia Palumbo) alla V Rassegna del teatro “Città di Pagani”; Premio Gradimento del pubblico con 9,41/10 e premio migliore attrice protagonista (Flavia Palumbo) al 23° Festival Teatrale Internazionale Castello di Gorizia. Scrive in una recensione Maria Serritiello:” I protagonisti, ognuno nel proprio ruolo, combaciano, sicché la rappresentazione è senza sbavature e tutto ciò che si fa vedere in scena contribuisce a rendere perfetto l’affresco piccolo borghese nel quale si muovono convincenti personaggi d’altri tempi, ad iniziare da Fana (Anna Maria Fusco Girard), l’incapace ed obbediente serva, per continuare con Fifi La Bella (Leandro Cioffi), che si serve dei soldi della sorella per onorare i debiti contratti, con la Saracena (Lea di Napoli), bella e spavalda, con Nina Ciampa (Nadia D’Amico), poco più di una muta ma ardita nei fatti e con Angela Guerra, la puntuta Assunta La Bella, attenta a mantenere lo status quo della famiglia, sia pure a danno della figlia, tutte caratterizzazioni ritagliate perfette su ognuno. La sapiente regia di Marcello Andria, ha fatto il resto, precisa anche questa volta, sia nel rendere vivo il mondo pirandelliano, sia nel dirigere attori, un gruppo coeso, che sono l’eccellenza per questo tipo di rappresentazione. Spicca sullo sfondo il nitore dei costumi, sagomati bianchi da Angela Guerra, per far risaltare di più lo scuro della scena, allestita con essenzialità da Gerardo Fiore, ma anche per fare arrivare al pubblico la calura dell’estate siciliana. Tre grandi finestroni fanno entrare aria nuova al posto di quella che s’appesantisce ad ogni battuta dei serrati dialoghi tra Beatrice e Ciampa. La sensazione di caldo opprimente, sia reale che scenico, non risparmia né l’ambiguo delegato Spanò, un azzeccagarbugli teso a restare unicamente nei favori di chi conta, (Felice Avella, una certezza per le sue precise e ricordevoli caratterizzazioni) che ogni volta si deterge la fronte, appena viene a trovarsi in difficoltà, né Assunta La Bella, che agita nervosamente il ventaglio nel consigliare alla figlia la sopportazione dei tradimenti e la convenienza del silenzio. Ed eccole le ragioni di Beatrice e di Ciampa ridotte ed adattate in un unico tempo teatrale, due attori eccezionali, di assoluta bravura, Flavia Palumbo ed Enzo Tota, l’una di fronte all’altro a sfidarsi in dialoghi serrati. Non sembra più neanche una rappresentazione ma una naturale quanto drammatica discussione, tra due che sanno essere vittime esse stesse, ma una sola l’avrà vinta con una mistificata ragione. Brava, Flavia Palumbo che dà un’interpretazione di testa nella ribellione, di espressività nel dolore non rassegnato, di mutazione improvvisa tra riso e pianto, quando si accorge di essere l’ineluttabile “agnus”del sacrificio. E Ciampa, Enzo Tota, un grande interprete, una conferma del teatro pirandelliano che non delude mai, anzi ogni volta si supera riuscendo ad emozionare e molto per la sua condizione di uomo ferito nell’onore, tanto che quasi il pubblico è d’accordo con la sua lucida ma ingiusta logica di castigare la vittima, senza risultare antipatico. Grande espressività drammatica nel gesto lento e carezzevole, Enzo l’impiega nel finale, quando appoggia sui capelli di Beatrice in lacrime, un pianto disperato, quello di Flavia Palumbo che graffia l’animo, una consolante carezza, un atto che riassume in sé pietà, consapevolezza, complicità e dolore. Vittima e carnefice resi uguali da un semplice gesto, alla mercé di un ordine sociale spietato, solo che essendo Ciampa uomo, ipocritamente, nel teatro e all’epoca di Pirandello, si salva.”.