SALERNO – Vincenzo Cuoco, 45 anni, conduttore ferroviario; Giuseppina D’Auria; Vita D’Auria in Federico; il quindicenne Gennaro Federico; Rosaria Imparato; Eleonora Signorella; Giacomo Natella, 18 anni. Sono queste le vittime salernitane finora note del più grande incidente ferroviario della storia d’Italia, quello di Balvano, provincia di Potenza, che determinò la morte di oltre 600 persone.
Giovedì 27 Febbraio, ore 18.00, presso la Libreria Feltrinelli di Salerno saranno ricordate queste vittime, ma anche quelle degli altri 60 comuni campani che registrarono perdite umane, attraverso la presentazione del libro di Patrizia Reso “Senza ritorno. “Balvano ‘44, le vittime del treno della speranza”, edito da Terra del Sole.
La giornalista e scrittrice metelliana rievoca la tragedia consumatasi circa 70 anni fa. Nella notte tra il 2 e il 3 marzo del 1944, infatti, il treno merci 8017 si fermò sotto la Galleria delle Armi, prima di giungere alla stazione di Balvano, per una serie di circostanze, comprese quelle climatiche. Purtroppo il carbone utilizzato per alimentare la locomotiva e messo a disposizione dall’Esercito Alleato non era delle migliori qualità: produceva molte scorie e pochissime calorie. Quella galleria, lunga quasi due chilometri, si trasformò in poco tempo in una camera a gas. Donne, uomini, bambini, giovani in erba andarono incontro alla morte. I viaggiatori erano prevalentemente cittadini comuni, persone che si adattavano a viaggiare stipati in vagoni merci per andare a Potenza a procurarsi da mangiare, a barattare pochi averi in cambio di cibo, ormai introvabile, per i propri figli.
Persone che vivevano nella miseria prodotta da una lunga e tormentata guerra, passate però alla storia come contrabbandieri e delinquenti da dimenticare presto. Da qui il silenzio che è piombato su questa tragica vicenda; sui morti che ancora oggi non sono noti; sul profondo dolore dei loro familiari.
La presentazione di “Senza ritorno. Balvano ‘44, le vittime del treno della
speranza” è affidata al giornalista e critico letterario Franco Bruno Vitolo, e allo scrittore ed editore Alfonso Bottone.