Il fondamentale ruolo dell’operatore socio-sanitario

Prendersi cura del paziente non solo dal punto di vista medico o sanitario, ma riservando attenzioni e cura alla sua sfera psicologica, sociale e spirituale: questa una delle finalità principali del Pain Control Center Hospice di Solofra, il centro per le cure palliative e per la terapia del dolore dell’Asl Avellino. Le cure palliative sono mirate a riconoscere, accompagnare e alleggerire la malattia di un paziente, al quale dedicare cure appropriate, ma anche attenzione e rispetto. In tale contesto è di fondamentale importanza il ruolo dell’osa, l’operatore socio-assistenziale, la figura professionale dotata di una specifica preparazione teorica e pratica in grado di collaborare con l’equipe per le attività di prevenzione, sostegno, cura e integrazione in favore dei pazienti. In tale contesto, l’Associazione House Hospital onlus e la Cooperativa Nursing Service onlus hanno ricevuto una lettera da parte di Antonia Perna Ruggiero, volontaria presso l’Hospice di Solofra e in procinto di conseguire la qualifica di operatore socio-assistenziale. Questo il testo della missiva: “L’Operatore socio-assistenziale è colui che sceglie e accetta di dedicarsi all’assistenza delle persone in difficoltà come pazienti autosufficienti e non autosufficienti, anziani e minori, con prestazioni di tipo pratico e operativo per gli stessi, e di collaborare con il personale medico e paramedico affinché la salute, il benessere e la serenità del paziente sia unico obiettivo. L’Osa deve avere la capacità di percepire lo stato d’animo realizzando una sintonia emotiva che gli permette di creare empatia esente da critiche, giudizi morali, negazioni e linguaggio scurrile. Professionalmente ci si dovrebbe abituare a ogni vita che si spegne ma fortunatamente non è così, perché come ogni vita ha la sua storia anche la morte ne ha una. Ho sempre pensato che la vita è un meraviglioso palcoscenico su cui palco siamo tutti attori, non sempre però possiamo scegliere la parte che più ci piacerebbe interpretare, possiamo però scegliere il modo come porci, come entrare a piedi scalzi umilmente nella vita degli altri senza invadenza e senza presunzione. Quando di fronte a te hai una persona sofferente, la compassione e la repulsione sono la peggiore espressione che uccide la dignità di chi soffre. Pensare che oggi è toccato a lui o a lei e non a te, non ci rende immuni da ciò che domani potrebbe accaderci, perché non c’è distinzione tra ricco e povero, anziano e giovane o meno giovane. Mi piace pensare che entrare nell’Hospice di Solofra è come entrare nel giardino della vita e non perché ogni stanza porta il nome di un fiore, ma perché molti concludono il loro ciclo della vita accompagnati quasi per mano in quello che è il giardino immaginario. Tutti dovremmo essere ambiziosi di donare le cose più semplici del mondo: l’amore, la comprensione, tendere una mano. Basta un sorriso per acquietare la paura e accrescere la speranza di chi, impaurito, ti guarda. Si può essere poveri in tasca, ma si può scegliere di essere ricchi dentro e questa è una scelta che possiamo fare solo noi. Un anziano potrebbe essere mio nonno o mia nonna, un giovane mio fratello o mia sorella. Se alziamo lo sguardo di fronte alla sofferenza invece di abbassarlo, ci nutriremmo di pane quotidiano, ponendo rimedio a ogni forma di razzismo. Può capitare che qualche paziente venga parcheggiato, come dico io, vuoi per logistica vuoi per problemi vari, come per fortuna spesso accade che molti vengano invasi da amici e parenti. A gran voce posso dire che nell’Hospice di Solofra tutti hanno le dovute attenzioni sia dai medici e sia dagli operatori, tutti formidabili, che con grandi sacrifici di vita quando entrano in questa struttura danno l’anima. Grande stima e ammirazione per chi tutti i giorni gestisce l’Hospice, per la devozione che pone a ogni richiesta, che può essere anche un semplice desiderio, come una pizza o un gelato. Il mio pensiero grande va a chi è stato capace di idealizzare e realizzare l’Hospice, il compianto sindaco di Solofra, il dottor Aniello De Chiara, insieme al direttore generale dell’Asl Avellino, l’ingegner Sergio Florio, e i miei elogi a chi fermamente ha lottato per assicurare la migliore assistenza possibile. Un grazie infinito all’Hospice di Solofra per avermi permesso di fare questa esperienza di volontariato e di formazione, così da poter aggiungere una perla così bella al mio bagaglio di vita”.