“La mia campana di vetro”: questo il titolo del libro che Pamela, una ragazza affetta da spina bifida, sta scrivendo per tutti noi

Di Stefania Todarello – Questo il titolo che Pamela, una ragazza affetta da spina bifida, sta scrivendo, per regalarci i momenti festosi ma anche i più tristi della sua vita.
Questo il suo progetto: riuscire a farsi conoscere e, a sensibilizzare le persone, ai concetti e alle problematiche legate alla sua malattia.
La ragazza ce la sta mettendo davvero tutta per buttare giù i suoi pensieri e , in confidenza, mi ha lasciato uno stralcio del suo percorso speciale. Di seguito la storia:
“Sono nata il 29 agosto 1991 a Torino presso la Casa di Cura “Sede Sapientiae” alle ore 12, e pesavo 3,2 kg.
Purtroppo appena nata con parto cesareo i medici che avevano in cura la mia mamma si accorsero subito della mia malformazione la quale si presentò con un erniazione esterna a livello lombosacrale denominata mielomeningocele.
Fui subito trasferita all’“Ospedale Infantile Regina Margherita” accompagnata in ambulanza dal mio papà per poi essere immediatamente operata.
All’ottavo giorno di vita fui nuovamente operata a causa del manifestarsi dell’idrocefalia e mi fu inserita la famosa “valvolina” che sarebbe servita al drenaggio dei liquidi encefalici in eccesso.
Rimasi in ospedale per quarantacinque giorni ricoverata, ma solo dopo alla mamma le furono insegnate le pratiche infermieristiche quotidiane per poi farmi uscire definitivamente dall’ospedale.
Venne a stare con noi in funzione di tutte queste problematiche la mia adorata nonna Anna che all’epoca si era già trasferita in provincia di Padova e rimase con noi a Torino per parecchio tempo.
Tornava a casa da mio nonno Giuseppe solo nel mese di Agosto e quando la mamma aveva le ferie sia nel periodo estivo e sia durante le vacanze di Natale.
I primi anni della mia esistenza, per quanto concerne la mia salute, furono molto pesanti per i miei genitori perché a causa della mia malattia fui costretta a subire parecchi interventi che servirono per migliorare il mio fisico e per migliorare una pochino la mia qualità di vita quotidiana.
Infatti, per me, i miei genitori preferirono farmi seguire da un’equipe di medici francesi presso l’Ospedale “La Timone” di Marsiglia i quali avevano una perfetta conoscenza della mia patologia e diedero molta fiducia ai miei genitori.
Nei miei primi anni di vita fu consigliato ai miei familiari, dalla mia fisioterapista che mi prese in cura e dalla mia pediatra, di frequentare appena era possibile l’asilo nido.
All’epoca abitavamo in zona “Poveri Vecchi” – in Via Arnaldo da Brescia al n. 38. Nella via perpendicolare al nostro numero civico c’era un asilo nido speciale, dove ci andavano tanti bambini che avevano tante patologie diverse.
All’interno della scuola lavoravano tante maestre d’asilo con tante specializzazioni e da quanto mi possa ricordare, gli ambienti erano gioiosi, a misura di bambino; si giocava molto, c’era una sala, dove ci facevano mangiare e una stanza dove le maestre ci facevano riposare tutti i pomeriggi dopo mangiato; dalle ore 16:30 che fu prevista l’uscita e quindi i genitori oppure i familiari di riferimento ci venivano a prendere per portarci a casa.
La mia classe era composta da diciotto bambini di cui due disabili con due patologie molto diverse.
Da quando io fui in quell’asilo, mi ero molto legata a una delle due maestre che si chiamava Morena perché lei era una delle maestre a cui io stavo sempre in braccio e con cui giocavo molto.
I miei compagni di questa cosa ne furono molto gelosi e pensavano che io fossi la bambina che l’insegnante prediligeva di più.
Le nostre maestre decisero di portarci a fare una gita di un giorno all’acquario di Genova e allora ci diedero un avviso da dare ai nostri genitori dove li informarono che la scuola volle portare tutti i bambini a fare una gita di un giorno all’acquario di Genova.
La maestra Morena telefonò alla mia mamma per chiederle se avrebbe potuto accompagnarmi lei in gita avendo la necessità fisica di fare delle cure infermieristiche che la maestra non avrebbe saputo fare.
Durante la gita ci divertimmo nuotare in grandi vasche molto, vedemmo tanti pesci di varie dimensioni e colori.
Nel pomeriggio, dopo aver mangiato la mia mamma, mi fece fare le mie solite cure mediche.
Le nostre maestre e la mia mamma nel pomeriggio dopo aver mangiato ci portarono a vedere un bellissimo spettacolo con i delfini che mi piacque molto.
Durante la mia permanenza all’asilo nido, siccome avevo delle necessità infermieristiche, tutti i giorni la nonna Anna veniva a farmi i cateterismi che mi permettevano di poter continuare a stare all’asilo con gli altri miei compagni.
Finiti gli anni dell’asilo, iniziai la prima elementare; conobbi le mie nuove insegnanti, i miei nuovi compagni ed anche un operatore scolastico al quale fui affidata per tutte le mie necessità; gli altri suoi colleghi non volevano assumersi la responsabilità di seguirmi perché pensavano che seguire una bambina come me fosse un lavoro troppo pesante per loro.
Con Ettore, questo era il suo nome, iniziò un bellissimo rapporto d’amicizia perché scherzavamo sempre, mi recuperava il mattino appena arrivavo a scuola con il pulmino, mi portava in mensa nell’ora di pranzo; durante l’intervallo mi portava sempre con lui dove faceva le fotocopie, durante le prove di evacuazione mi recuperava subito e mi portava in cortile; quando organizzavano le gite, lui veniva sempre con me, mi veniva a prendere in classe quando era l’ora d’uscita dalla scuola.
Tornando alla mia storia medica, fui seguita dai medici francesi per circa dieci anni fino all’ultimo intervento avvenuto nell’ottobre 2001 dove mi fu praticato un impianto d’ artrodesi alla colonna vertebrale che però non diede l’effetto sperato perché si manifestò un’infezione presa in sala operatoria che compromise l’intervento stesso.
Fui trasferita in un convalescenziario a Hiére con i miei genitori che affittarono un appartamentino vicino alla struttura medica, così potevano venirmi a trovare tutti i giorni.
Durante la mia permanenza nella struttura di Hiére andavo nella scuola del centro dal lunedì al venerdì tranne il Sabato e lì ho avuto la possibilità di perfezionare la lingua francese.
I miei amici erano molto simpatici e giocavamo molto insieme, con le infermiere sempre disponibili alle nostre esigenze quotidiane.
Spesso mi capitava di fare da interprete per altri bambini italiani che arrivavano nella struttura, ma non conoscevano la lingua francese per parlare con i medici; per me era diventato anche un divertimento perché mi mettevo alla prova nell’esprimermi in una lingua straniera.
Finalmente giunse nel mese di Marzo l’autorizzazione dell’ortopedico di poter rientrare a casa per proseguire le cure antibiotiche in Italia.
Fu tanta la felicità mia e dei miei genitori anche se la mia salute era tutt’altro che rosea.
Fui seguita da uno specialista italiano al quale voglio tuttora un gran bene, che mi seguì per circa due anni e che riuscì a debellare l’infezione senza togliere l’impianto alla mia colonna vertebrale anche se disancorato.
A causa di questo intervento, dovetti ripetere la quinta elementare e per me fu un calvario perché cambiai le insegnanti che non seguirono gli schemi precedenti; mi fu tolto persino l’operatore scolastico che mi aveva seguito per tutti gli anni passati cioè il mio adorato amico Ettore e per me fu il mio dolore più grande.
Da quando io rincominciai per la seconda volta la quinta elementare, le mie nuove insegnanti non vollero che continuassi ad avere Ettore; pensavano fosse meglio che io passassi l’intervallo con i miei compagni perché erano dei bambini della mia età, mentre lui era una persona adulta nonostante io lo conoscessi già e mi trovassi molto bene.
Giunto il momento dell’inizio delle scuole medie, e vista l’esperienza dell’ultimo anno scolastico, i miei genitori decisero di iscrivermi in una scuola privata cattolica gestita prevalentemente da suore.
Lì conobbi i miei nuovi compagni di classe, con me non furono molto disponibile e ogni volta che avevo bisogno mi dicevano di fare da sola.
Conobbi la preside, anch’essa suora, la sua segretaria, la mia insegnante di sostegno, i miei insegnanti, che furono molto disponibili con me.
I miei compagni furono poi obbligati da tutti i professori e dalla preside ad accompagnarmi a turno in mensa nell’ora di pranzo.
Tra le tante ragazze con le quali feci amicizia, mi legai molto a una ragazza di terza media che si chiamava Martina.
Con lei mi potevo confidare perché sapevo che non avrebbe mai detto a nessuno le mie cose personali che io le raccontavo.
La scuola diede la possibilità di fare i compiti durante il pomeriggio grazie a due insegnanti che si occupavano di noi dall’ora di pranzo alle quattro e mezzo del pomeriggio che era l’ora d’uscita.
Infatti, i miei genitori non potendomi venire a prendere all’una decisero di iscrivermi al doposcuola con tutti i miei compagni.
Per un certo periodo rimasi a fare il doposcuola con tutti i miei compagni, poi i miei genitori decisero di andare a parlare con la preside perché in quel modo c’era troppa confusione e non riuscivo a concentrarmi per studiare.
La suora propose allora di farmi seguire da una ragazza che lei stessa conosceva Valeria, che era stata una sua ex alunna; con lei s’instaurò un bellissimo rapporto d’amicizia che ci permise di sentirci anche al di fuori dell’ambito scolastico per trascorrere tanti bellissimi momenti, per divertirci e per farci delle confidenze sincere.
Un pomeriggio a scuola dopo che Valeria ed io finimmo i compiti si fece venire a prendere da Daniele, un suo amico.
Da quando Valeria mi fece conoscere Daniele io, le dissi di farlo venire con noi tutte le volte che ci trovavamo al di fuori della scuola.
Ogni volta che Valeria ed io uscivamo a prenderci qualcosa da bere Daniele veniva sempre con noi oppure in estate quando ero nella casa di campagna a Trofarello da mia nonna Rosa con la zia Luisa, lei veniva sempre a trovarmi con lui.
Al secondo anno la suora non riuscì più a continuare il suo incarico di preside perché fu operata e fu trasferita a Roma, quindi il suo incarico fu dato a una professoressa interna che già insegnava Italiano.
Il collegio dei docenti anche di non assegnarmi un’insegnante di sostegno fissa ma di farmi fare il sostegno da un’insegnante di cattedra curricolare a turno.
Nel periodo dell’ultima gita di terza media, a differenza di tutta la mia classe, io e un altro compagno che era diversamente abile come me andammo in Austria accompagnati dai nostri genitori, ma la vivemmo malissimo perché nessun nostro compagno ci fece compagnia per tutta la gita.
Al rientro a scuola la mia insegnante di matematica al momento della preghiera li sgridò tutti del comportamento che avevano avuto nei nostri confronti.
I miei genitori m’iscrissero all’Istituto “Paolo Boselli” perché conoscevamo la Vicepreside che era la moglie del mio virologo, ma la mia classe non fu molto bella perché i miei compagni non mi trattavano come gli altri.
Il secondo anno delle superiori fu un vero disastro per me perché quando i miei compagni scelsero di andare in gita e andarono in un posto, dove non avevano neanche calcolato che in classe c’era una ragazza diversamente abile.
Allora io a quel punto presi la decisione di parlare con la vicepreside che poi parlò con la mia insegnante di sostegno per chiederle di parlare con tutti i miei insegnanti per farmi ottenere il permesso di fare il servizio hostess durante quei tre giorni in cui i miei compagni di classe furono in gita ma peccato che la mia professoressa d’italiano non ci fosse perché fu a casa in malattia e lei non fu sta avvisata telefonicamente da nessun suo collega che io volessi fare questa cosa all’interno della scuola.
Quando lei tornò a scuola e la mia professoressa di sostegno le disse questa cosa davanti a me e a tutti i miei compagni lei cioè la mia professoressa d’italiano s’infuriò moltissimo.”
 
Intanto su fb nasce un gruppo chiamato :”Condivisione di articoli riguardanti le malattie rare per sensibilizzare”, creato con l’intento di pubblicarvi articoli rintracciati sul web o scritti da testimoni delle malattie, che poi vengano condivisi per sensibilizzare la popolazione, in modo che con il tam tam, il tutto possa pervenire a chi di competenza nel poter “risolvere” tali situazioni. Di seguito il link del gruppo:
Una forma di mobilitazione nata, dall’amministratrice del gruppo, durante il pomeriggio del 18/03/2013, dopo la visione della trasmissione “Pomeriggio 5”, dove veniva mandata in onda un’intervista realizzata da Giulio Golia delle Iene. Di seguito il link del gruppo:
http://www.facebook.com/groups/125588234293294/