Francesco Servino, dell’Assemblea Federale degli Ecologisti e Reti Civiche – Verdi Europei, si è recato questa mattina in visita agli scavi archeologici protostorici in località Longola a Poggiomarino: il sito è a rischio chiusura, perché la soprintendenza di Napoli e Pompei lamenta la mancanza di fondi, ma le potenzialità di sviluppo sono formidabili. Un gruppo di lavoratori licenziati dalla ditta che si occupava degli scavi mantiene il presidio giorno e notte assieme all’attivista Gennaro Barbato di Ottaviano e chiede che l’intera area e la struttura del depuratore vengano convertiti in un polo naturalistico, archeologico e museale in grado di creare lavoro e prospettive economiche. Di fianco all’area archeologica, lo scandalo del fiume Sarno inquinato: un’intera area che se avviata a recupero costituirebbe il fiore all’occhiello dell’entroterra vesuviano. Gennaro Barbato, del Comitato Civico di Ottaviano: “Attendo l’arrivo del Ministro per i Beni e le Attività Culturali: fino ad allora non smantelleremo il presidio. Voglio che il ministro veda con i propri occhi i tesori che affiorano da questo sito archeologico di inestimabile valore. Spero che vengano almeno recuperate le vasche di depurazione per essere riconvertite in un museo o un auditorium e che i dipendenti licenziati dall’impresa che gestiva gli scavi vengano assunti per la tutela del sito”. Francesco Servino, Ecologisti e Reti Civiche – Verdi Europei: “Come ha fatto la soprintendenza archeologica di Napoli e Pompei ad assumere 30 funzionari e 50 operai quando poi lamenta una cronica mancanza di fondi? Mi informano che solo per ricoprire gli scavi di Longola col terreno ci vorranno circa 200mila euro, cifra che basterebbe al mantenimento degli operai che presidiano il sito, che hanno tutte le competenze per poter lavorare ancora in quell’area. “L’area in questione è un patrimonio di ricchezze ancora da scoprire e da valorizzare che è stato deturpato in tutti i modi possibili e immaginabili. A Longola lo scempio a cui si assiste è totale: prima la costruzione di un depuratore che doveva servire 5 comuni del vesuviano è stata interrotta quando sono saltati fuori i reperti archeologici, poi gli scavi dopo essere stati intrapresi sono stati abbandonati. Attorno a quell’area potrebbe ruotare un progetto di sviluppo formidabile, sfruttando il fiume circostante (che andrebbe bonificato), rendendo l’area degli scavi archeologici fruibile ai visitatori e trasformando l’attuale struttura in cemento armato della vasca di depurazione, che presenta tutti i crismi di sicurezza antisismici, in un’area museo, laboratorio o auditorium. Nel territorio vesuviano non si è in grado di creare sviluppo, come in altre parti d’Italia o nel resto del mondo, attorno a tesori archeologici di tutto rispetto: dai resti di Poggiomarino alle ville romane della cava Ranieri a Terzigno, tutto giace nell’abbandono e nell’oblio. E’ una vergogna, perchè si tratta di risorse che tutto il mondo ci invidia, ma i nostri enti e le nostre amministrazioni preferiscono abbandonarle o addirittura adibirle a discariche perchè manca l’audacia per compiere delle scelte che porterebbero allo sviluppo e alla proposizione di un modello di sviluppo economico sostenibile applicabile a tutto il territorio vesuviano. “Da cittadino vesuviano sono orgoglioso della protesta dei poggiomarinesi, che quando si tratta di impegnarsi per le questioni civiche scendono sempre in prima linea: l’hanno dimostrato con i referendum, con la petizione sul caro assicurazioni e ora con la difesa degli scavi. Chiedo intervento deciso dell’Europa, che per ora, per quanto riguarda tante questioni che abbiamo sollevato, ci sta solo deludendo”.