AVELLINO – Quarto appuntamento con la rassegna di mostre d’arte allestite nel foyer del Teatro Gesualdo. Giovedì 5 gennaio alle 17.30 sarà presentata la personale del pittore Guido Palumbo. All’iniziativa interverranno il presidente dell’Istituzione Teatro Comunale “Carlo Gesualdo” Luca Cipriano, lo storico dell’arte Riccardo Sica ed il giornalista Antonio Pascotto. La mostra sarà visitabile fino al 9 febbraio, dal martedì al sabato dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20. Dopo le esposizioni di Gennaro Vallifuoco, Fabio Mingarelli e Giovanni Spiniello, al Comunale arriva un nuovo appuntamento con il progetto voluto dal presidente Cipriano per valorizzare le arti figurative e gli artisti irpini che hanno conquistato significativi consensi di critica. Guido Palumbo, artista avellinese scomparso nel 1986, è considerato dai critici il fratello maggiore dei moderni pittori irpini. Dopo essersi diplomato presso la Scuola di Ceramica di Avellino nel 1932, proseguì gli studi all’Istituto d’Arte di Napoli e nel 1939 all’Accademia delle Belle Arti del capoluogo partenopeo. A soli venticinque anni ebbe il primo significativo successo, nella città di Bologna”, con l’esposizione del quadro “Il ritratto dello scultore Tammaro”. Molto intensa è stata, negli anni, la sua attività espositiva, sia con mostre personali, che attraverso la partecipazione a collettive. In diversi concorsi nazionali, le sue opere hanno raccolto importanti affermazioni. I suoi dipinti sono presenti in collezioni private e pubbliche, sia in Italia che all’estero. Palumbo ha svolto per quasi quarant’anni attività didattica nelle scuole medie, come insegnate di disegno. Uno degli aspetti che maggiormente caratterizzano l’arte pittorica di Guido Palumbo è il pathos, la malinconia che pervade i suoi ritratti, come evidenzia in un suo scritto lo storico dell’arte Riccardo Sica: “Essa avvolgendo in un alone di struggente poesia tutta la produzione, fin dalle opere dell’esordio, s’evidenzia soprattutto nei ritratti. In “Ritratto di zingara” il vibrante disegno tenta di definire con precisione la struttura del volto, sottolineando nelle nere pupille e nel più vivo risalto del segno, le note di maggiore caratterizzazione psicologica e spirituale della donna in posa: esso si fa quasi sismografo rivelatore dell’intenso stato d’animo. È del 1939 il famoso “Ritratto dello scultore Tammaro”, qui la maturità dei colori, tonalmente accordati in aderenza alla struttura volumetrica del volto, esprime la intensa espressività del personaggio. Dello stesso anno anche “La modella” un dipinto in cui l’aria assorta della giovane in posa nella suggestiva espressività dei gesti (…) si affida a una palpebrazione di luci in penombre dolci e riposanti. (…) la “malinconica tristezza riaffiorerà, in toni più intensi, nella ricchezza cromatica delle luci, dal dipinto “Dopo la lettura”.