Nel 2022 da Salerno quasi 2,3 mld, Caserta sprint con +44%, “frena” Avellino con +20%.
Vola l’export dei prodotti agroalimentari della Campania, che continua a segnare una crescita nei primi mesi dell’anno dopo un 2022 da record, che ha superato i 5,2 miliardi di euro di valore con un +26%. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti Campania su dati relativi al commercio estero dell’Istat, aggiornati al IV trimestre. Cibo, bevande e vino made in Campania continuano a macinare numeri straordinari, che confermano un grande appeal sui mercati europei per oltre il 60%, mentre verso gli Stati Uniti e le Americhe viaggia quasi il 20% del totale. Dato negativo in Russia, dove l’export registra un calo del 9% fra sanzioni, embargo e guerra. Analizzando le aree territoriali della regione, continua il primato della provincia di Salerno in termini di valore esportato, sfiorando i 2,3 miliardi di euro, con una crescita del 25%. Lo sprint maggiore nella crescita si registra in provincia di Caserta, che segna un balzo record del 44%, con un valore di esportazione che si avvicina ai 450 milioni. L’industria alimentare napoletana spinge ancora forte con un +26%, sfiorando 1,8 miliardi di valore esportato. Guardando alle aree interne l’Irpinia è la più “lenta” sulla media regionale, con un incremento del 20%, ma porta a casa quasi 600 milioni di euro di esportazioni. Fanalino di coda per valore dell’export è il Sannio con circa 140 milioni di euro e un incremento del 23%.
“Sono dati incoraggianti – commenta Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania e vicepresidente nazionale – a conferma della necessità di una nuova visione nel sistema agroalimentare, mettendo al centro i contratti di filiera, che sono in grado di coinvolgere tutti gli attori: dall’agricoltura all’agroindustria. La crescita del made in Campania è fortemente legato ai prodotti identitari, dalla pasta al vino, dalla quarta gamma alla mozzarella, dall’olio evo alle conserve di pomodoro, dalla carne al latte. Dove si difende la biodiversità territoriale, cresce la capacità di portare sul mercato prodotti di qualità e ad alto valore aggiunto. La nostra regione è conosciuta in tutto il mondo per la sua cultura, per il suo clima, per la sua bellezza e per il suo cibo. Ma occorre ancora spingere sull’eliminazione degli ostacoli alle imprese, investendo in infrastrutture materiali e immateriali, sfruttando l’occasione unica del Pnrr.”
L’andamento sui mercati internazionali potrebbe però ulteriormente migliorare – sottolinea la Coldiretti – con una più efficace tutela nei confronti della “agropirateria” internazionale il cui valore è salito a 120 miliardi, anche sulla spinta della guerra che frena gli scambi commerciali con sanzioni ed embarghi, favorisce il protezionismo e moltiplica la diffusione di alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale. A pesare sul Made in Italy a tavola nel mondo ci sono anche il probabile arrivo delle prime richieste di autorizzazione alla messa in commercio di carne, pesce e latte sintetici alla minaccia delle etichette allarmistiche sul vino fino al semaforo ingannevole del Nutriscore che boccia le eccellenze tricolori. Si tratta di un sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio ed incompleto che – sottolinea la Coldiretti – finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta. I sistemi allarmistici di etichettatura a semaforo – continua la Coldiretti – si concentrano esclusivamente su un numero molto limitato di sostanze nutritive (ad esempio zucchero, grassi e sale) e sull’assunzione di energia senza tenere conto delle porzioni, escludendo paradossalmente dalla dieta ben l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine.