Salerno Barocca: Crudele, Sommo Amore

Venerdì 23 dicembre alle ore 20, nella Chiesa di San Giorgio, si svolgerà il penultimo appuntamento della stagione concertistica “In cordis cordae” promossa dall’Associazione Culturale Emiolia, un récital del controtenore Pasquale Auricchio, con Ernesto Pulignano al clavicembalo.

Il dicembre della grande musica barocca a Salerno con l’Associazione Culturale Emiolia, che prende il nome dalla figura simbolo del mutamento ritmico, presieduta dal controtenore Pasquale Auricchio, con il penultimo appuntamento del cartellone della stagione concertistica 2022 dal titolo “In cordis cordae”, in collaborazione con il Touring club di Salerno, l’Arcidiocesi salernitana e col patrocinio morale del Comune di Salerno, va a conclusione con il primo dei due appuntamenti che contemplano l’esecuzione delle pagine più  interessanti del periodo barocco. 

Il controtenore Pasquale Auricchio e il clavicembalista Ernesto Pulignanovenerdì 23 dicembre, alle ore 20 nella chiesa di San Giorgio, saranno assoluti protagonisti di una serata dal titolo “Crudele Sommo Amore”. Il concerto principierà con Pasquale Auricchio, nei panni di Ruggiero, che dice addio all’illusoria bellezza dell’isola incantata dell’Alcina haendeliana, nell’aria “Verdi prati, selve amene”, trasformandosi da amante soggiogato e ottenebrato dal godimento dei sensi, riacquistando le qualità morali, in un cavaliere. Pasquale vestirà, quindi, le vesti di Rinaldo, per evocare l’aria di lamento per la perdita di Almirena nel secondo atto, “Cara sposa, amante cara”, un’altra pagina di Haendel, dall’elaborato accompagnamento contrappuntistico, ricca di inflessioni cromatiche, che raggiunge un’alta temperatura emotiva. Entrerà in scena, quindi, Elpina, con l’aria del III atto de’ La Fida Ninfa “Cerva che al monte”, in cui la melodia alterna momenti di abbandono lirico alla scrittura di certo virtuosismo ‘violinistico’, testimonianza del complesso rapporto tra musica strumentale e musica operistica nella produzione vivaldiana. Ernesto Pulignanoomaggerà Domenico Cimarosa, che incarna il canto del cigno della Scuola musicale napoletana della quale fu l’ultimo grande rappresentante e artefice o quantomeno colui che la portò a dei vertici che in seguito non furono più superati, né tanto meno eguagliati. Due le pagine in programma la terza e la quarta dalle 31 sonate la cui difficoltà precipua è proprio quella di saper rendere, a livello interpretativo, l’ésprit che le permea e le illumina, rendendo un preciso e dettagliato quadro di un gusto epocale, di una visione del mondo che non può essere esulata nell’approccio interpretativo. Ritorna in scena Pasquale Auricchio con un’aria cara al celebrato Farinelli, firmata da Nicola Porpora. Il rapporto tra il compositore e il castrato fu creativamente molto stretto e produsse una serie di opere rappresentate a Firenze, Venezia, Napoli e diverse a Londra che rivaleggiavano con quelle di Händel. L’aria più emblematica è senza dubbio la magnifica “Alto Giove”, dal Polifemo, che ascolteremo, in cui Porpora mostra grandissima eloquenza e finezza musicale. Si continuerà con Il Giustino di Antonio Vivaldi: nel primo atto, Anastasio si spende in dolci parole per la sua promessa sposa, nell’aria “Vedrò con mio diletto”. La scena ai nostri occhi assurda, ma agli occhi del pubblico dell’epoca normalissima, è un dialogo d’amore fra due uomini, entrambi con acuta voce femminile – sia Anastasio che Arianna ricoprono l’estensione del soprano – dei quali uno è vestito da uomo e l’altro travestito da donna. Ed ecco Orlando nella cui aria “Nel profondo cieco mondo”Pasquale Auricchio si porrà sulle tracce indelebili della sua maestra Sonia Prina, interpretando questa pagina un brano di un virtuosismo spinto e furente. Ancora un’oasi puramente strumentale, affidata ad Ernesto Pulignano, con  la Sarabande, appartenente alla Suite per clavicembalo in Re minore numero 11 (HWV 437), uno dei brani musicali più intensi e famosi di Georg Friedrich Händel, capace di schizzare un’atmosfera di un fascino incredibile. Probabilmente il Sassone, quando compose questa indimenticabile melodia (scritta tra il 1703 ed il 1706), s’ispirò all’ opera strumentale di Arcangelo Corelli: La Follia, ultima sonata dell’Op. 12. Melodia attesa sarà anche “Lascia la spina cogli la rosa”, l’aria di Piacere, dall’ oratorio “Il trionfo del Tempo e del Disinganno”, esempio di dolcezza d’espressione e abbandono malinconico, eseguita da  Pasquale Auricchio prima del lamento d’addio di Didone, ricco di audacie armoniche, intonato dalla regina cartaginese, “When I am laid”, dal Dido and Aeneas di Henry Purcell, pagina fra tutte maggiormente celebrata, eseguita prima del suicidio, su di un basso ostinato di ciaccona, su cui alita l’inesplicabile arcano di una assoluta semplicità di mezzi, che apre la via ad una intensissima vis emotiva. Finale funambolico con “Crude furie” dal Xerxes di Haendel, che impone a chiunque si voglia confrontare con questo ruolo, un impegno vocale oltre che impervio dal punto di vista tecnico, sfaccettato al limite dell’ecclettismo dal punto di vista interpretativo.