Preservare la biodiversità, intervista a Giorgia Colombo

Sguardo verso l’alto, una mano tiene l’erogatore e la maschera, mentre l’altra deve andare in protezione della nuca. Infine si procede con l’ingresso in acqua, facendo un passo in avanti dal bordo dell’imbarcazione, ricongiungendo le gambe nel vuoto e toccando la superficie con le pinne unite. Poi giù, dove la luce si fa sempre più fioca e lo scenario cambia, si trasforma, fino ad entrare in un altro mondo: quello marino. Alcune emozioni non si possono spiegare a nessuno, e anche se si potesse, nessuno le capirebbe. Si può provare a esprimerle a parole, certo, ma può diventare così difficile da doverci rinunciare. Alcune sensazioni si possono comprendere solo vivendole. Forse è ciò che ha pensato Giorgia Colombo quando si è immersa per la prima volta in quello specchio d’acqua incontaminato sulle coste della Gallura. La laureanda, futura biologa, di origine monzese, è stata impegnata per cinque settimane nell’area marina protetta di Capo Testa Punta Falcone, nel nord della Sardegna. L’area marina, istituita con decreto ministeriale nel maggio del 2018, ricopre quasi tutto il territorio comunale di Santa Teresa, dove cielo e mare si confondono, tra sabbie bianche e imponenti rocce granitiche.
La giovane brianzola ha preso parte ad un progetto di ricerca a scopo di studio e monitoraggio dell’area marina che si estende fino al promontorio di Monte Cintu. L’attività di analisi l’ha vista impegnata in molteplici compiti di osservazione, verifiche e riscontri, volti a censire e monitorare la ricchezza di un’area che racchiude nel suo vasto perimetro di oltre 5000 ettari paesaggi marini, costieri, geologici, ambientali ed antropici rappresentativi del territorio. Giorgia, durante l’intensa attività di studio, è stata affiancata da una biologa marina e da un ornitologo, occupandosi di una particolare pianta acquatica, endemica del Mar Mediterraneo: la posidonia oceanica. Quest’ultima ha alcune caratteristiche delle piante terrestri, con radici, un fusto rizomatoso e foglie nastriformi. Si tratta di vere e proprie praterie sottomarine di notevole importanza ecologica, in quanto costituiscono la comunità climax del nostro mare, esercitando un’importante azione nella protezione della linea di costa dall’erosione. I risultati delle osservazioni verranno poi riassunti in un report, che sarà peraltro oggetto di tesi della studentessa, prossima ad una magistrale in biologia marina all’Università di Ravenna.

“Molte specie animali e vegetali sono seriamente minacciate dall’espansione urbana, dall’agricoltura intensiva, dall’inquinamento, dalle specie invasive e dai cambiamenti climatici derivanti dalle attività umane – osserva Giorgia. Biodiversità spesso significa diversità ecosistemica e diversità funzionale, quindi qualità ambientale, con beneficio di tutti gli organismi che traggono vantaggio da tali funzioni. Le componenti dell’ecosistema, i processi e le funzioni costituiscono pertanto i servizi ecosistemici. Essi hanno un valore pubblico poiché forniscono agli abitanti di un territorio benefici insostituibili, diretti o indiretti”. La ricercatrice sottolinea che, talvolta, il concetto di biodiversità assume un aspetto antropocentrico, funzionale ai bisogni dell’uomo, sottovalutando i rischi e le ripercussioni che ciò può avere sugli ecosistemi, di frequente fragili e costantemente minacciati. “Quando si parla di aree marine protette, specialmente per turisti e natanti, talvolta – afferma la Colombo – si ha l’impressione che quel luogo rappresenti soltanto una serie di restrizioni. Al contrario, in realtà, quello specchio di mare andrebbe considerato da una prospettiva più ampia, ossia come un modo per proteggere le specie animali o marine e gli habitat, mantenere e ripristinare gli ecosistemi, nonché lasciare alle future generazioni ciò di cui oggi si può godere. Gettare l’ancora in un’area marina protetta, per quanto alle volte possa essere concesso in talune circostanze, comporta una serie di rischi concreti per la vita marina, già minacciata dalla pesca intensiva, dall’inquinamento e dal cambiamento climatico. Le nuove generazioni, pertanto, andrebbero sensibilizzate sull’importanza della salvaguardia e il ripristino dei servizi ecosistemici, al fine di garantirne il ruolo chiave per la vita sulla terra e per il benessere umano. Quando ci si ferma quasi in superficie, a mezz’acqua ad aspettare il proprio turno, in quel momento il racconto perde i contorni, e in pochi istanti si raggiunge uno stato emozionale tanto intenso da mondare il corpo e l’anima da ogni contaminazione. Quando si lavora per un progetto spinti dalla passione, anche la stanchezza e la fatica passano in secondo piano, facendo trasparire dagli occhi di chi racconta soltanto emozioni, vive e intense. Il compito del nostro secolo è quello di salvaguardare i nostri mari, così da consentire alle future generazioni di poter ammirare le bellezze dei fondali e le ricchezze delle nostre acque”.

L’esperienza di Giorgia si conclude dopo cinque intense settimane, ma non finisce la sua passione per il mare, nata da un viaggio in Asia Meridionale qualche anno fa. Non termina la sua attività di ricerca, che probabilmente la porterà in ambienti tropicali a studiare gli squali. Il mare è la sua culla e da tanta bellezza si lascia persuadere da paesaggi che di amore eterno cantano ma, se non preservati, di vigliacco male muoiono.
Davide Esposito