È cosa risaputa che esistere non è quasi mai una faccenda comoda. Tra le difficoltà più severe che accompagnano l’umano esistere c’è la disabilità. L’incapacità, cioè, di svolgere alcune funzioni in modi che la gente considera normali. L’atteggiamento della gente comune nei confronti della disabilità e delle persone portatrici di handicap, è il più delle volte improntato a una pietà “inferiorizzante” e a un compatimento quasi offensivo. Pregiudizi, limitazioni strutturali, barriere architettoniche impediscono ancora a troppi disabili un’esistenza che sarebbe altrimenti soddisfacente. Si limita la loro mobilità e visibilità. Molti disabili sono in grado di dare agli altri moltissimo, non soltanto in termini di competenza professionale, di efficienza produttiva, ma di umanità, di genuinità, di calore umano. Non è vero che a una limitazione nell’uso di alcune funzioni vitali corrisponda sempre e comunque una diminuzione delle capacità e delle prestazioni che spesso dipendono da fattori sociali oltre che individuali. In un qualsiasi spazio pubblico o privato una persona disabile infatti può muoversi liberamente a patto che non ci siano ostacoli e barriere architettoniche e comunicative. Valorizzare il ruolo dei disabili nella nostra comunità significa, dunque, costruire una società aperta a tutti in cui ciascuno possa contribuire alla crescita della comunità e in cui la reciprocità sia un valore universale. Il diversamente abile dunque come l’oggetto ma anche il soggetto che promuove, determina, applica e misura l’efficacia delle politiche e dei modelli di sviluppo economico e sociale”. L’inclusione sociale non è un atto di generosità ma il rispetto di diritti umani universalmente riconosciuti, alla scrittura dei quali il nostro Paese ha contribuito con la sua storia. Da tempo in Italia leggi e documenti sull’inclusione delle persone con disabilità non sono più utopie ma “adattamenti ragionevoli”, che non rappresentano soluzioni tecniche di carità ma elementi strutturali per evitare discriminazioni e violazioni dei diritti umani. Quindi non solo generosità ma inclusione come dovere e patrimonio di tutti. I diritti non hanno handicap. “Mani in pasta” nasce dalla volontà d’integrare i diversamente abili in un corso di cucina . E’ un progetto coordinato dal C.H.I.R.S ed A.I.C.S Avellino. Si ringraziano, pertanto i volontari ed il personale docente che , in modo del tutto gratuito, permettono questo percorso che si terrà presso l’istituto Alberghiero di Avellino. Si ringrazia per il benestare concesso, l’Assessorato alle politiche culturali e sociali di Avellino.