Gli schiavi sono liberi: Pizzorno richiama al “Juneteenth” per diritti civili

Pizzorno parla dell’importanza del Junetheeth ed illustra in un articolo, il processo storico avvenuto il 19 giugno 1862 che ha messo fine alla schiavitú di afro-amaricani durante la guerra civile negli USA.
“Il popolo del Texas è informato che, secondo un proclama dell’esecutivo degli Stati Uniti, tutti gli schiavi sono liberi”. “Ciò comporta un’assoluta uguaglianza dei diritti personali e dei diritti di proprietà tra ex padroni e schiavi, ed il rapporto finora esistente tra essi diventa quello tra datore di lavoro e lavoratore assunto”. Questo è quanto letteralmente proclamato nel “General order N 3”, che segnó l’inizio della fine della schiavitú, festa celebrata in tutto il mondo come il “Junetheenth”, ovvero Il diciannovesimo giorno di Giugno. Tutto avvenne grazie “al proclama sull’emancipazione” o anche detto proclama 95, un atto presidenziale con valore di ordine esecutivo, emesso dal presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln il 22 settembre 1862, durante la guerra civile. Tale documento fu decisivo per poter cambiare lo status legale, secondo la legge federale, di oltre 3,5 milioni di afroamericani negli stati confessionali secessionisti rendendoli “da schiavi a liberi”. Sebbene è da ricordare che solo il 6 dicembre 1865, con la ratifica del Tredicesimo emendamento della Costituzione, si abolí la schiavitù in tutta la nazione.
Cenni di Storia
Come anche riportato, in un recente articolo dal New York Times, la storia narra che il generale Granger marciò nel Texas con circa 2.000 truppe nel giugno 1865, due mesi dopo la resa della Confederazione guidata dal generale Robert E. Lee ad Appomattox, in Virginia.
Proprio da quel punto ebbe luogo l’epica proclamazione del 19 giugno che non solo prevedeva che le persone schiavizzate fossero libere; bensì indicó loro di poter “rimanere nelle abitazioni e lavorare acquisendo anche “il diritto” di avere un salario”.
Pizzorno conclude: La storia riscrive se stessa e bussa sempre piú forte alla porta della coscienza collettiva. Probabilmente i recenti episodi di Minneapolis hanno marcato ancor di più la necessità di vivere in un nuovo mondo, dove il pregiudizio non uccida più nè la ratio, nè una sola vita umana. Dove la dignità ed il rispetto della vita altrui sia il principio cardine di convivenza e fratellanza in ogni comunità, ogni credo religioso, ogni uomo.
Auspico un mondo libero, ma sopratutto libero dalla paura di essere un mondo solo.
Proprio a tal proposito credo sia doveroso ricordare parti del discorso di Gettysburg tenuto nel novembre del 1863 dallo stesso Presidente Lincoln che, nell’augurio di una convivenza libera, testualmente citava: “I nostri avi costruirono su questo continente una nuova nazione, concepita nella Libertà e votata al principio che tutti gli uomini sono creati uguali.
Adesso noi siamo impegnati in una grande guerra civile, la quale proverà se quella nazione, o ogni altra nazione, così concepita e così votata, possa a lungo perdurare Noi qui promettiamo solennemente che questi morti non siano morti invano; che questa nazione, guidata da Dio, abbia una rinascita di libertà; e che l’idea di un governo del popolo, dal popolo, per il popolo, non abbia a perire dalla terra.