Siamo alle prese con la solita farsa ipocrita tipica dei grovigli intricati della burocrazia. I cosiddetti “corsi di recupero” e/o di “integrazione degli apprendimenti”, che si dovrebbero attivare a partire dal 1° settembre prossimo, realizzati nell’arco di circa un paio di settimane e della durata di una trentina, o poco più, di ore complessive, mi/vi chiedo: quale ricaduta didattica e quali esiti effettivi si prefiggono di conseguire? Se un allievo non ha appreso o studiato durante il trimestre di scuola on-line, “a distanza”, per quale ragione particolare dovrebbe colmare o sanare le proprie insufficienze e le proprie lacune, in virtù di un corso di poche ore? Manco se il docente fosse Albert Einstein, un genio, riuscirebbe a compiere un simile prodigio con allievi perlopiù svogliati e poco motivati, sia in presenza che a distanza. Per cui figurarsi alla fine di un periodo estivo. Qui si parla di corsi della durata di due o tre ore al giorno, credo, per circa 15 giorni al massimo, per un totale di una trentina di ore circa o qualcosina in più. Oltretutto, si tratta di ragazzi che sono disabituati allo studio, che creano solo confusione ed arrecano disturbo, non hanno voglia di seguire le lezioni in aula, come on-line, nel corso dell’anno scolastico, durante lo svolgimento dei contenuti didattici curricolari. Per cui figurarsi a distanza di tre mesi dalla conclusione di un anno scolastico già disastroso, con un trimestre sfumato o sprofondato nelle pastoie della DaD, in condizioni assai anomale e difficili. In altri termini, mi pare assai arduo, se non impossibile operare alle prese con vari gruppi di recupero composti da elementi che, di norma, disturbano, perlopiù sono casi problematici, ossia ragazzi demotivati, per nulla partecipi alla vita scolastica, che frequenteranno i corsi solo perché obbligati, per cui verranno “scattati ‘nguorpo”, come si suol dire dalle mie parti. Le mie sono considerazioni un po’ ciniche e brutali, ma temo che siano alquanto veritiere. Non mi convince il solito argomento: “è meglio di niente”. Non è meglio per niente! Qui si tratta di una farsa, anche molto ipocrita, che è stata messa in scena dal MIUR per ripulire la propria “coscienza sporca”. Come sempre, sarà tutto affidato alle qualità umane e pedagogiche degli insegnanti. Nel senso che si farà affidamento alle singole capacità e virtù soggettive dei docenti, alla buona volontà e all’onestà di chi insegna. Ma resterà una farsa a tutti gli effetti, che il MIUR ha inscenato per esibire un falso corredo di “buoni sentimenti”. Quello delle lacune o delle insufficienze degli allievi è un tema un po’ più complesso e controverso, che non si può risolvere certo con un corso di recupero che si esaurisce in poche ore. È un discorso ampio, che chiama in causa le varie componenti della scuola, docenti e famiglie in primis, e che deve mettere seriamente in discussione tutte le metodologie e le strategie didattiche applicate nella pratica quotidiana di ciascun docente. Non basta attivare un breve corso di recupero, che non riesce a colmare o integrare alcunché. La compensazione dei ritardi, oppure delle carenze degli allievi, è una finalità ambiziosa, di lungo termine, che esige uno sforzo politico complessivo, che miri a riorganizzare in maniera radicale la scuola. Occorre un disegno politico di ampio respiro, che metta al primo posto dell’agenda politica l’istruzione dei giovani, e getti in campo una serie di investimenti e di fondi pubblici pari al budget delle più colossali aziende multinazionali. Più finanziamenti alle scuole pubbliche, più insegnanti, più personale ATA, più edifici scolastici a norma di legge, e meno alunni per ogni classe, meno burocrazia, niente più INVALSI e via discorrendo. In altri termini, si tratta di operare una sorta di “rivoluzione copernicana” della scuola pubblica, al fine di ripristinare e consolidare il ruolo ed il primato della pedagogia su tutto il resto. Altrimenti, sono solo ciance inutili e sterili.
Lucio Garofalo