Maria Ronca: Precari a vita, l’urlo silenzioso degli infermieri

Gli infermieri scendono in piazza con un flash mob per protestare contro contratti di precariato che non garantiscono i diritti dei lavoratori. Gli eroi in tempi di Covid si sono trasformati in lavoratori precari e con una pacca sulle spalle sono stati messi da parte. Stessa storia, stesse modalità, contratti “a singhiozzo”, con cooperative, rinnovati di mese in mese, di anno in anno, due, tre proroghe, professionalità a rischio vicino ai malati, usati all’occorrenza, professioni sanitarie infoltiscono le fila del precariato, senza voce, con la chiusura dei reparti Covid 19 si ritorna a casa. Giovani infermieri che hanno lavorato duro, 24 su 24 ore, lontani dalle famiglie, a rischio con dispositivi di protezione individuale inidonei all’emergenza.

In piazza per ricordare i colleghi che non ce l’hanno fatta, per protestare e far valere il diritto a lavorare e a non essere dimenticati e che se, durante la pandemia, hanno dato il mille per mille ora è giusto non abbandonarli e dare seguito alle promesse del Presidente Conte a stabilizzare queste professionalità formate e competenti con il famigerato concorso pubblico.

Il richiamo alle armi era troppo forte per scoraggiarsi, hanno risposto con il senso del dovere, hanno affrontato una malattia sconosciuta e imprevedibile, hanno messo a repentaglio la loro stessa vita per rispondere alla chiamata, hanno svolto il lavoro con orari e ritmi lavorativi stressanti, hanno continuato, hanno saltato i pasti, se necessario, per assistere i pazienti agonizzanti e i colleghi stanchi. La vestizione per accedere alla Rianimazione era un protocollo lungo e snervante, per salvaguardare la propria e l’altrui salute, persino andare al bagno diventava difficile, proprio per le precauzioni da adottare, prima e dopo, ogni operazione. Il contatto visivo era l’unico modo per comunicare con il paziente, quando era vigile, ogni mossa e ogni gesto comportava attenzione e precisione.

Rassicurazioni sul futuro non ci sono e il virus anche se, meno virulento, gira ancora e per il prossimo autunno le strutture sanitarie devono essere pronte e organizzate, altrimenti ogni sforzo è stato inutile, poi, ricordiamo al Ministro della salute pubblica che già prima di Covid i reparti erano sguarniti e sottodimensionati, quindi, è auspicabile un nuovo assetto delle risorse da impiegare e da sostituire per chi va in pensione. Non si può sempre arrivare con l’emergenza addosso. Giuseppe, Antonietta, Nadia, Antonio non possono vivere ancora di aspettative e di promesse mancate.

Il precariato non può essere concepito, come una concessione nei casi emergenziali. La dignità e la stabilità lavorativa garantisce a ogni uomo e a ogni donna da ogni il diritto a non merce rara da contrattare alla bisogna. Con Covid sono emerse tutte le falle di un sistema socio-sanitario non perfettamente in linea con gli standard di efficienza e di efficacia, per cui il sentimento che unisce tutti è ampliare l’offerta dei servizi con personale stabilizzato e professionalizzato, perché la salute pubblica è un bene assai prezioso per un Paese che rinasce.