Il tema dell’Assegno di Inclusione affrontato oggi, attraverso una nota stampa, dal dottor Nicola De Gennaro, Delegato Nazionale al Comparto Lavoro del “Partito Pensionati e Lavoratori per l’Italia”.
Assegno Di Inclusione: quando il rimedio è peggiore del male.
“Com’è noto, il tanto vituperato reddito di cittadinanza, fin dalla sua introduzione, ha generato innumerevoli critiche e destato malumori, tant’è che molti hanno gridato allo spreco di denaro pubblico.
In effetti una misura che sarebbe dovuta servire per avviare al lavoro la platea dei percettori, in realtà si è trasformata in una ennesima misura assistenziale, magari efficace nel breve periodo, ma senza prospettiva per il lungo periodo.
Il governo, con la legge 3 luglio 2023, il cosiddetto “Decreto lavoro”, ha introdotto la nuova misura di inclusione sociale e lavorativa: l’assegno di inclusione.
Inizialmente previsto a partire da gennaio 2024, il governo ha deciso di anticipare al 18 dicembre 2023 l’avvio della misura, per consentire la transizione dal reddito di cittadinanza alla nuova misura senza interruzione.
Questo anticipo, però, ha generato una serie di problemi operativi che hanno coinvolto gli operatori del patronato, i quali si sono trovati investiti da questo nuovo adempimento senza avere nemmeno in tempo di assimilare le istruzioni pubblicate dall’INPS, pubblicate lo stesso giorno dell’apertura dei portali dell’ente.
Inoltre, inizialmente la mancata operatività della piattaforma per l’avviamento al lavoro, il SILF, non ha consentito di completare la procedura prevista per il caricamento della domanda per accedere al trattamento, generando disagi e frustrazioni sia per i potenziali percettori che per gli operatori addetti al caricamento delle pratiche.
I CAF, individuati anch’essi per erogare il servizio di assistenza per il caricamento delle pratiche, di fatto non sono stati più attivati, senza alcuna spiegazione da parte degli organi competenti.
La procedura telematica prevista per il caricamento della misura è di una astrusità tale da rendere davvero problematica l’erogazione del servizio da parte degli operatori del patronato, non solo, il potenziale percettore del trattamento deve a sua volta attivarsi per iscriversi ai corsi di formazione, senza i quali non scatta il pagamento dell’assegno.
Alle difficoltà fin qui descritte si aggiungono le circostanze legate al fatto che i nuovi requisiti previsti dalla legge hanno notevolmente ristretto la platea dei potenziali aventi diritto pertanto, al momento, non si riesce a percepire come sarà il reale impatto della misura prevista.
Non sarà che hanno ragione i detrattori di questa misura, definita come la brutta copia del reddito di cittadinanza?