Torna sulla scena Mico Argirò, cantautore campano (per la precisione, di Agropoli, in provincia di Salerno, nel Cilento).
Ma, questa volta, l’artista non offre al suo pubblico un prodotto musicale, bensì si cimenta con la letteratura, sfornando il libro “Le metro invisibili” (Edizioni Underground?), che lo stesso autore definisce come «una sorta di Odissea metropolitana»:
«La situazione iniziale in cui si trova il protagonista è la mia del 2017, quando arrivai a Milano per lavoro: una nuova città, che sembrava fredda e assassina. Assenze da elaborare, qualcosa da ritrovare. Poi la storia si distaccata man mano dal mio vissuto personale e si trasforma in un’avventura epica, a tratti mitologica. I modelli di quest’opera, da Omero a Sanguineti, fanno parte delle mie letture e riletture».
Ambientato fra le metropolitane di Milano (ogni capitolo prende il nome di una fermata), “Le metro invisibili” è una storia in qualche modo formativa, che segue il percorso di crescita del protagonista, di capitolo in capitolo:
Il libro parla di un ragazzo che arriva a Milano, come tantissimi oggi (ma pure ieri). Ha perso la ragazza, e la ricerca nel dedalo delle metro della città. Questa ragazza è una metafora e le metro sono portali per vivere avventure oltre il reale, profondamente nel reale, ma tanto ideali e simboliche. Tra questi capitoli, ognuno col nome di una fermata, si svolgerà il cammino di crescita e di formazione del protagonista».
L’elemento di grande novità di “Le metro invisibili” è il modo in cui è scritto, definito dall’autore “Scrittura stereo”:
«È un metodo di scrittura che ho inventato per l’occasione: il foglio è diviso in tre parti, come i suoni nelle canzoni, nei mix, che sentiamo nelle cuffie, alcuni a destra, altri a sinistra, molto al centro. È un esperimento musicale in forma scritta dove i suoni o intere scene viste con la coda dell’occhio avvengono in un lato della nostra percezione sensoriale. È una scrittura estetica, pop, anche d’avanguardia (sono un appassionato delle avanguardie, sia storiche che più moderne), ma tutta al servizio del contenuto: la città, così, diventa una coprotagonista della storia; l’esperienza è immersiva».
“Le metro invisibili” vede la prefazione dello scrittore e giornalista musicale Michele Monina (MTV, Rolling Stone, Il Messaggero), che così commenta:
«Le metro invisibili raccontate (poeticate?) da Mico Argirò sono invisibili solo a occhio nudo, visibilissime con gli occhi chiusi, e sono, ahinoi, molto più vivibili delle metro reali, quelle dentro le quali passiamo parti delle nostre giornate, imbottigliati in attesa che qualcuno prima o poi le stappi, lasciando che da quel piccolo pertugio entri un soffio d’aria, o magari che se ne possa uscire. Una Milano malinconica, quella che esce dalle pagine di questo libro, di una bellezza stridente, perché in contrasto con l’affanno di chi cerca senza sapere se troverà».