Riceviamo e pubblichiamo: Cittadinanzattiva Campania Aps, con le sue 32 realtà territoriali, ha avviato, su tutto il territorio regionale una petizione per chiedere al Presidente del Consiglio Regionale della Campania e al Presidente della Giunta della Regione Campania di valutare il ritiro in autotutela della delibera Giunta Regionale 312 del 31 maggio 2023 con la quale si dà indirizzo agli uffici competenti di avviare la predisposizione degli atti propedeutici: – “alla costituzione di una società mista pubblico- privato con maggioranza pubblica e nella forma di una S.p.A.” per la gestione della Grande Adduzione Primaria di interesse regionale; – -” all’affidamento a società mista…per la scelta del socio privato della gestione del servizio idrico integrato della Grande Adduzione primaria di interesse regionale ……”
Delibera che, di fatto, privatizza l’acqua alla fonte benché in una parte percentuale.
In poche settimane sono state raccolte oltre 9.000 firme con la volontà di consegnarle al Presidente De Luca e al Presidente Oliviero che sono stati contattati a mezzo PEC più volte, senza alcun riscontro.
Riteniamo inaccettabile che le amministrazioni pubbliche, nelle proprie rappresentanze di Giunta e Consiglio regionali non ascoltino le istanze dei cittadini.
La Regione Campania sembra aver rinunciato da tempo al confronto e alla ricezione delle istanze che vengono dalla popolazione e dai soggetti del Terzo Settore, chiudendosi in un ostinato silenzio che ha il sapore del menefreghismo. Noi intendiamo lo spirito dell’Amministrazione della cosa pubblica in altro modo.
Ci supportano, nel nostro percorso, anche le numerose delibere di consigli comunali della Campania che, seguendo l’esempio del Consiglio Comunale di Napoli, stanno deliberando a favore della revoca della DGR 312/23.
Chiediamo di essere ascoltati, insieme alle decine di altre organizzazioni che si sono mosse nella stessa direzione e che considerano l’acqua non un bene, ma un diritto pubblico e universale.
Il tentativo di privatizzare l’acqua arriva da lontano anche se resta chiara e definitiva la volontà dei cittadini che l’acqua resti sempre gestita da soggetti totalmente pubblici. Nel 2008 con l’art.23 bis del D.L. 112/2008 il governo imponeva l’affidamento ai privati dei servizi locali ma con il referendum del 2011 la norma è stata abrogata con una maggioranza plebiscitaria. Sul quesito specifico relativo all’acqua, con il quale veniva chiesto di esprimersi sul comma 1 dell’art.154 del Decreto Legislativo n.152 del 3 aprile 2006 che prevedeva l’inserimento nella tariffa idrica della “adeguata remunerazione del capitale investito”, la maggioranza assoluta degli aventi diritti al voto si è espressa in modo netto e assolutamente univoco: “no alla privatizzazione dei servizi” e “no al profitto sulla gestione dell’acqua”.
La strada della gestione privata dell’acqua è stata completamente e definitivamente sbarrata in quanto il legislatore non può riproporre, né formalmente né sostanzialmente, le disposizioni abrogate dagli elettori con lo strumento referendario neanche in modo velato come accaduto nella trattazione del d.d.l. 2021 sulla concorrenza ed il mercato che, ipotizzando la privatizzazione sistematica dei servizi di acqua potabile, trasporti e rifiuti, oltre a porsi in aperta violazione dell’esito dei referendum del 2011, si era spinta fino al punto da piegarsi alla logica del profitto sui servizi essenziali.
La Regione Campania con Decreto della Giunta Regionale n.312 del 31.5.2023, in netta contrapposizione e disattendendo il quesito referendario del 2011, prevede l’istituzione di una società mista, a cui affidare la gestione servizio idrico della Grande Adduzione Primaria di interesse Regionale, ad una società mista pubblico – privato dove il privato deve garantire l’anticipazione del finanziamento di opere a proprio carico salvo garantirsi il recupero di tale anticipazione su base pluriennale. Si privatizza, di fatto, l’acqua alla fonte.
È allarmante la dichiarata esigenza dei fondi privati per garantire ed assicurare l ’“adeguata valorizzazione della proprietà pubblica -n.d.r.- infrastrutture Grande Adduzione di demanio Regionale” cosi come e allarmante la necessità di delegare al privato, neanche per il 30%, la valorizzazione di una struttura strategica come la Grande adduzione di interesse regionale del servizio idrico integrato.
La Regione Campania con la delibera 312 dichiara di non essere in grado, come parte pubblica, di garantire la gestione dell’acqua alla fonte e di aver bisogno di fondi privati per la valorizzazione di un suo bene appartenente alla collettività. Cosi l’acqua, contro la volontà popolare, diventa un bene di consumo assoggettata alla concorrenza e al mercato.
Riteniamo illegittima la Delibera e riteniamo illegittimo il silenzio della Regione Campania che ha il dovere morale e civile, attraverso le sue istituzioni, di ascoltare i cittadini.
Ritenendo illegittima la delibera 312/23, in caso di non ritiro della stessa, impugneremo la norma al TAR.