Lo spettacolo di Angelo Longoni vede la regia di Marco Cavallaro.
Domenica 5 febbraio, alle ore 18.30, sul palco del Teatro Bolivar (via Bartolomeo Caracciolo, 30), diretto da Nu’Tracks, andrà in scena “Xanax” di Angelo Longoni per la regia di Marco Cavallaro con gli attori Mario Antinolfi e Carla Schiavone. Il divertente testo drammaturgico, ad oltre dieci anni dalla sua composizione, conserva intatta la propria attualità e l’originalità dell’interazione dialogica tra i due personaggi, consentendo di indagare sin nei meandri più reconditi della loro intricata psicologia. È una commedia agrodolce e ricca di spunti di riflessione che vede scontrarsi e intrecciarsi le solitudini, le angosce esistenziali e le timorose speranze per un futuro migliore di due personaggi assolutamente attuali, nei quali gli spettatori non faranno certo fatica ad immedesimarsi con naturalezza.
«Quarantotto ore possono diventare un’eternità se si sta chiusi in un ascensore bloccato, in quattro metri quadrati, senza ricambio d’aria, senz’acqua, senza cibo, quando la paura è incontrollabile e ci si sente estranei ma si è costretti a condividere l’intimità con uno sconosciuto – racconta Angelo Longoni – L’isolamento, in questo modo, riesce paradossalmente a produrre un effetto quasi “terapeutico” in grado di dare la forza ai due protagonisti per ricominciare una vita migliore e più consapevole. Cosa accomuna questi due personaggi? – continua l’autore -. Il lavorare nello stesso edificio, frequentemente fino a tarda sera. E una dipendenza, unica ancora di salvezza e rifugio dalle loro tribolazioni, quella da medicinali di ogni sorta che possano alleviare sintomi che non sono altro se non l’immediato riflesso delle infinite nevrosi che affollano la loro psiche: Xanax per placare le soverchianti crisi di panico, Prozac per conferire positività ed energia alle giornate, Malox per lenire il dolore che attanaglia alla bocca dello stomaco».
Sinossi:
Un uomo e una donna in una situazione esasperata, claustrofobica, estrema. Due persone quasi sconosciute che sono costrette improvvisamente a condividere gli elementi più intimi del proprio corpo e della propria anima. Un venerdì sera Laura e Daniele si attardano un po’ più del solito in ufficio. Ognuno di loro lavora ad un piano diverso di un grande edificio e verso le nove di sera le loro vite si incontrano su uno degli ascensori che li deve condurre verso l’esterno e verso un normalissimo week end in famiglia. Ma l’ascensore si blocca. I due provano a premere il tasto di allarme, chiamano aiuto, ma ormai nessuno li può sentire almeno fino a lunedì mattina quando, poco dopo l’alba, gli inservienti della ditta di pulizie, che si occupa dell’intero stabile, arriveranno per sistemare e pulire gli uffici. In una situazione così estrema e concentrata può accadere anche che cose mai dette, taciute a se stessi e agli altri, emergano dalla coscienza e vengano rivelate ad un estraneo che però è in grado di diventare un riferimento esclusivo, unico. L’estrema difficoltà, l’isolamento, la paura, la perdita del controllo fanno agire i due protagonisti in un modo sconosciuto a loro stessi e che li spinge a rivelare di sé più di quanto non abbiano mai fatto in passato anche con le persone a loro più care. In quarantotto ore si può arrivare a dichiarare tutti i propri fallimenti, le proprie illusioni e speranze tradite, le proprie incapacità sul lavoro e nell’amore e i propri torti nei confronti delle proprie famiglie.
Daniele (Mario Antinolfi) è un giornalista apparentemente sicuro di sé, ammirato e dinamico, in procinto di dare alle stampe il suo primo libro che racchiuderà le più interessanti interviste da lui sinora realizzate; al di là della patina superficiale di professionista realizzato e lanciato verso una luminosa carriera, si nasconde però un bruciante coacervo di insoddisfazioni: il giornalismo scandalistico di cui si occupa suscita ormai in lui totale repulsione e la sua vita familiare sta precipitando inesorabilmente allo scatafascio tra l’appannarsi del sentimento che lo lega a sua moglie e il dolore per la torbida relazione sessuale che quest’ultima porta avanti da oltre un anno proprio con Magliani, il suo acerrimo nemico di sempre anche in campo lavorativo, colui per il quale le case editrici si azzuffano nel tentativo di pubblicare un romanzo dopo l’altro, immancabilmente accolto da un successo trionfale.
Laura (Carla Schiavone) è invece una seducente e devota mogliettina, nonché impeccabile madre di famiglia, alle prese con il pressante impegno richiesto dall’ufficio stampa in cui lavora e con le innumerevoli responsabilità della vita familiare. Anche nel suo caso le apparenze, da lei scrupolosamente e caparbiamente preservate, descriverebbero un affresco esistenziale idillico, ma la realtà è sostanzialmente antitetica: l’amore per il compagno – gentile e premuroso, la tipica persona a cui mai nella vita si vorrebbe recare il benché minimo dispiacere – è nel suo cuore svanito da tempo e i legami affettivi si stanno tramutando inesorabilmente in cordoni asfissianti che la soffocano, portandola per nottate intere a fissare il soffitto incapace tanto di accogliere il sonno quanto di prendere una difficile ma inevitabile decisione che le consenta di sottrarsi a questa gabbia senza prospettive.