Praticare uno sport non deve fondarsi sull’idea del successo, bensì sull’idea di dare il meglio di sé, affermava la campionessa olimpica Gabriella Dorio, dopo aver vinto l’oro alle olimpiadi di Los Angeles. Correva l’anno 1984 e mentre negli Stati Uniti si svolgeva la ventitreesima olimpiade, arrivava alla Casa di Maranello una promessa dello sport a quattro ruote: Michele Alboreto. L’allora 28enne promettente pilota era stato notato da Enzo Ferrari già nel 1982, quando gareggiava per la scuderia britannica Tyrell; tant’è che il fondatore dell’omonima casa automobilistica modenese gli rivolse parole di stima dal lato professionale ed umano a pochi giorni dall’appuntamento monzese. Le parole spese a favore del giovane pilota suonarono come un futuro ingaggio da parte della Ferrari che già lo seguiva da diverso tempo. E così fu. Al primo Gran Premio del 1984 la Ferrari di Alboreto riuscì a partire in prima fila ma dopo pochi giri dovette ritirarsi per un guasto meccanico. La breve prova fu però sufficiente per impressionare la stampa specializzata che pronunciò pareri estremamente positivi nel descrivere la brillante carriera del pilota, paragonandolo spesso ad Alberto Ascari per la sua grinta. Dopo 5 anni trascorsi sulle vetture di Maranello (tra vittorie e delusioni), il pilota milanese si accordò per disputare la stagione del 1989 con la Tyrrell e successivamente nel 1999 con la Arrows, finanziata dall’imprenditore giapponese Ohashi. L’esperienza in Formula Uno per Alboreto prosegue nel 1993 in Scuderia Italia e si conclude nel 1994 sulla M194 del team Minardi. Terminata l’esperienza nella massima categoria di vetture monoposto, il pilota milanese tornò a gareggiare nelle competizioni a ruote coperte, prendendo parte al DTM, il campionato turismo tedesco e partecipando ad altre competizioni, aggiudicandosi, oltre a diverse altre gare, la 24 ore di Le Mans del 1997 e la 12 Ore di Sebring del 2001. Proprio in quell’anno Alboreto era alla guida della nuova Audi R8 sport per un collaudo quando la sua auto uscì dal tracciato di Lausitzring, colpì una recinzione e si capovolse oltre, dopo un centinaio di metri. Le sue condizioni parvero subito gravi ed i medici non potettero fare niente per salvargli la vita. La sua improvvisa scomparsa fu subito subito commentata con commozione da Maranello, ricordando l’importanza del suo percorso in Ferrari. Il milanese approdò in Ferrari negli anni in cui le Rosse sembravano “proibite” ai piloti italiani e proprio l’arrivo del lombardo portò una ventata di ritrovato entusiasmo. Un pilota da ricordare non solo per la sua brillante carriera e per i 194 Gran Premi disputati ma anche perché a distanza di diversi anni, vari piloti si sono susseguiti nella scuderia di Maranello ma ad oggi Alboreto rimane l’ultimo pilota italiano ad avere vinto una gara di Formula Uno alla guida di una monoposto Ferrari. L’associazione sportiva “Amici dell’autodromo e del parco” vanta con orgoglio di aver avuto tra i primissimi tesserati proprio Alboreto, a testimonianza del grande impegno dell’associazione volto alla salvaguardia dell’autodromo e del parco sin dal 1977. Il circuito di Monza, per altro, ha portato fortuna al giovane pilota che l’ha visto agli esordi nel 1976 nella “Formula Monza”, per poi regalargli un secondo posto al Gran Premio dell’84. Michele continua sicuramente a correre nei cuori di chi l’ha sempre sostenuto ed ammirato nel corso della sua carriera. Un uomo spinto da un’insopprimibile passione per i motori ma il tragico incidente ricorda che questo sport racchiude sempre il rischio dietro l’angolo.