Mercuri (Deloitte) su dati Istat su Ict e Imprese: Colmare il gap digitale delle Pmi italiane con il Recovery Fund Ict deve diventare parte integrante delle strategie di business per la ripresa

«Nell’anno della pandemia tutti hanno capito l’importanza della digitalizzazione e dell’Ict (tecnologie dell’informazione e della comunicazione). La risposta delle imprese italiane alle sfide imposte dal Covid-19 ha variato molto in funzione della dimensione aziendali: le imprese più piccole hanno avuto le maggiori difficoltà, avendo investito troppo poco in digitalizzazione negli anni passati. Ma ora, con il Recovery Fund, abbiamo una occasione imperdibile per far sì che tutto l’ecosistema imprenditoriale italiano transiti verso una nuova fase dell’economia, in cui l’ICT farà parte integrante dei piani di business e delle strategie di rilancio. La digitalizzazione sarà uno dei pilastri del Next Gen Eu: dobbiamo usare le risorse messe a disposizione dall’Ue per colmare il gap che ci distanzia dai Paesi più competitivi e innovativi in questo ambito. Ora o mai più». A dichiararlo è Alessandro Mercuri, Consulting Leader di Deloitte Italia, nel commentare i dati pubblicati oggi da Istat su “Imprese e Ict nel 2020”.
«La pandemia ha avviato molti processi di cambiamento e di digitalizzazione, imprimendo una accelerazione che nessuno aveva previsto», spiega Mercuri. Infatti, secondo Istat, nel 2020 c’è stato un aumento del numero di imprese con un sito web che rende disponibile informazioni sui propri prodotti e servizi: sono passate dal 34% del 2019 al 55% del 2020. Anche quello che utilizzano servizi cloud sono aumentate dal 23% del 2018 al 59% del 2020, certifica l’istituto di statistica nazionale. «Ma questo avanzamento non basta: secondo lo stesso report Istat, nel 2020 l’82% delle imprese con almeno 10 addetti non adotta più di 6 tecnologie tra le 12 considerate dall’indicatore europeo di digitalizzazione denominato Digital intensity index», sottolinea Mercuri.
Ma non solo: secondo lo stesso report, solo l’8% delle Pmi dichiara di avvalersi di almeno due dispositivi smart o sistemi interconnessi, di robotica e analisi di big data e solo il 4,5% utilizza stampanti 3D nei processi di produzione. Per quanto riguarda l’Intelligenza Artificiale, i numeri sono in crescita ma ancora poco significativi: nel 2019 il 91,8% delle imprese con almeno 10 addetti ha dichiarato di non aver utilizzato alcuno strumento IA. Nel 2020 siamo arrivati a un utilizzo del 23% da parte delle imprese con almeno 10 addetti.
«Da questo quadro emerge con chiarezza che una delle priorità di investimento per l’Italia sono le infrastrutture digitali. Se c’è un driver di crescita virtuoso e strategico di cui abbiamo bisogno è quello della digitalizzazione», afferma Mercuri. «Ma a queste infrastrutture devono essere affiancate anche delle competenze: dobbiamo accompagnare tutta la popolazione italiana in un processo di alfabetizzazione digitale. E, come dimostra lo studio prodotto dall’Osservatorio della nostra Fondazione, bisogna investire in competenze tecnico-scientifiche: nel nostro Paese meno del 30% degli iscritti all’Università studia discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). E così nasce quel paradosso per cui, in uno dei Paesi con il più alto tasso di disoccupazione giovanile, un’impresa su quattro non riesce a trovare i profili professionali di cui ha bisogno», conclude l’AD di Deloitte Consulting.