Angelus Domini al Teatro Tram di Napoli

La scrittura teatrale come mezzo per guardarsi allo specchio e ricominciare. È la catarsi di Francesco Maria Sianiieri architetto oggi drammaturgo che, un po’ per gioco e un po’ per sbaglio, dopo 30 anni passati a Lione a costruire case in legno tra Francia e Svizzera, ha deciso di tornare in Italia, a Salerno, e cimentarsi come autore di un monologo divenuto di successo.

La sua ultima creatura, Angelus Domini, è stata finalista Premio la Clessidra di Terni, del premio internazionale di letteratura per il teatro “Città di Castrovillari”, Voci dell’Anima – Creature Ribelli di Rimini e ha ricevuto le menzioni speciali della giuria Premio Salvatore Quasimodo di Torino e della giuria Premio Il Sipario di Milano. Il potente monologo, che parla di violenza fisica e psicologica ma anche di maternità e del legame indissolubile che lega una madre ad un figlio, andrà in scena sabato 19 alle 21 e domenica 20 ottobre alle 18 al Teatro TRAM – Teatro Ricerca Arte e Musica diretto da Mirko Di Martino di Napoli.

«Lasciai la mia città dopo aver perso il mio migliore amico. A Lione costruivo case in legno, a Salerno ho ripreso con il teatro e la scrittura quanto di me stesso con la musica avevo lasciato d’inespresso. Il rientro in Italia nel 2015 fu una batosta – racconta Siani – era inimmaginabile che potessi ritrovarmi esattamente nello stesso punto da cui ero partito, con addosso di nuovo tutto il peso del vuoto che mi portavo dentro. Iscrivermi ad un laboratorio teatrale fu una rivelazione, da subito capii che intraprendendo quel percorso, seppur maledettamente lungo, sarei potuto rinascere, ancora una volta. Ritrovare la mia anima perduta è stato un terremoto esistenziale».

L’ architettura oggi trova spazio solo nella sua testa di autore quando il cuore gli detta un nuovo disegno scenico da costruire. In scena Carla Avarista, la regia è di Antonello Ronga, light designer Virna Prescenzo; i costumi sono di Paolo Vitale, le scene di Francesco Maria Sommaripa.

NOTE DI REGIA Adelina, è un’anima perduta, schiacciata dalla memoria. È il compleanno di suo figlio: gli ha preparato una torta di mele, la sua preferita. Lo sta aspettando, lui verrà e lo stringerà tra le sue braccia, gli dirà di una verità indicibile, deve sapere che per amore suo ha sfidato il destino, lui che era il frutto insensato di un seme gettato, becero; per proteggerlo ha murato la sua dignità di donna, di madre, lasciando che facessero a pezzi ha segnato la sua condanna, ed era lui il Verbo fatto carne, l’Angelus Domini sceso su terra per salvarla. Il focus è posto sulla forza, sulle risorse che una donna deve trovare per far fronte al pensiero che ancora oggi è comune alla figura del maschio dominante, che le impone di obbedire ai suoi doveri prima come figlia, come sposa, poi come madre. Nonostante l’emancipazione, la donna subisce sempre e comunque gli stessi preconcetti dei secoli scorsi, non ha gli stessi diritti degli uomini, è soggetta a violenza fisica e psicologica, qualsiasi sia l’ambiente, familiare, coniugale, a scuola, al lavoro. L’unico dono, l’unica luce che la vita le ha dato è stato suo figlio. Si è battuta per averlo, per farlo nascere, crescere, ha resistito al male. Senza riuscirci. Perché l’uomo, la vita, o quello stesso Dio che ha voluto che lei fosse madre, glielo ha tolto. Perdere un figlio è contro natura, per una madre non c’è sofferenza più grande. E se quella perdita è conseguenza di una scelta, cosa può essere il dolore di una madre che sente di averne la colpa? A cosa aggrapparsi? A Dio, se ne esiste uno lassù? Adelina è un’anima pura. Per affrontare il dolore non ha che i ricordi del figlio, della madre che le aveva insegnato a guardare la bellezza intorno. Ma anche i ricordi hanno un tempo. Perché non si affievoliscano, bisogna restare svegli, e Adelina è “stanca del silenzio che ascolta il silenzio”. È il giorno del compleanno del figlio, il giorno del ricongiungimento. Adelina è pronta.