Giovedì 8 giugno, nella Chiesa di Santa Apollonia alle ore 20, nono appuntamento in cartellone della IV edizione del Festival di Musica da Camera, promosso dal Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno e ideato dalle docenti del dipartimento di musica da camera Anna Bellagamba e Francesca Taviani. Riflettori puntati sul quartetto di clarinetti, composto da Amelia Onega, Martino Malleiro, Fabrizio Fornataro e Miguel Costa. La serata verrà inaugurata dal Quatuor di Pierre Max Dubois, datato 1964. Una pagina costruita essenzialmente con molta attenzione alla varietà del suono, alle opposizioni e alle combinazioni di densità sonore per esprimere un pensiero musicale chiaro e comunicativo. Seguiranno i Six pièces d’audition di Jean Michel Defaye, una serie esplicita di esercizi, che malgrado la loro secchezza, si esauriscono in miniature preziose e virtuosistiche
La prima parte della serata verrà chiusa dall’esecuzione dei due quartetti di Ernesto Cavallini, che ci fa conoscere uno dei più grandi interpreti e didatti dello strumento.
Nasce infatti a Milano dove compie gli studi musicali e tornerà a fine carriera per suonare nell’orchestra del Teatro alla Scala e per insegnare in Conservatorio dopo aver suonato in tutta Italia ed Europa ed aver trascorso gran parte della sua vita in Russia.Qui fu invitato nel 1852 a far parte dell’orchestra italiana dell’Opera di San Pietroburgo e, tre anni più tardi, divenne clarinetto principale dell’orchestra dello Zar nel Teatro Imperiale. Soprannominato “il Paganini del clarinetto” e molto apprezzato da Giuseppe Verdi, che per lui scrisse l’assolo all’inizio del terzo atto de “La forza del destino”, riconosceremo nella sua scrittura i temi trascinanti di due brani celeberrini della letteratura clarinettistica. Si passerà, quindi, al quartetto n°1 di E.M. Endresen, dalla fresca e intensa espressione , mentre la chiusura del concerto è stata affidata al Trois divertissements composti da Henry Tomasi, misconosciuto compositore francese del ‘900, marsigliese, influenzato dalla tradizione popolare della Corsica da dove la sua famiglia proveniva, Tomasi ebbe vita piuttosto avventurosa, e il suo personaggio inquieto, innamorato della vita ma segnato dall’amara disillusione che colpì molti artisti europei in seguito alle due guerre mondiali, meriterebbe di essere conosciuto più a fondo, così come la sua musica squisitamente moderna e “francese”.
Ritorna il 9 il Romanticismo vocale e strumentale con il trio in Re minore op.49 di Felix Mendelssohn, maestria nella forma, scrittura di ogni singola parte profonda e mai scontata nell’esposizione delle idee, ricca di personalità emotivamente “calda”, nel segno di un toccante lirismo cameristico. In scena le voci con Der Hirt dem Felsen di Franz Schubert, un esperimento isolato di Lied con accompagnamento di pianoforte e clarinetto, che Schubert fece nel 1828, l’anno della morte, e Zwei Gesange op. 91 di Johannes Brahms, un itinerario psicologico vero e sincero dell’artista, a tu per tu con i propri sentimenti, ora affettuosi ora malinconici, ora amorosi ora idilliaci, ora commossi e ora gravi e seri, sotto l’incubo del pensiero della morte. Debutto del Coro del Conservatorio diretto da Maria Cristina Galasso con Dirait on da le chansons de roses di Morten Lauridsen che tesse insieme due idee melodiche prima sentite in forma frammentaria nei movimenti precedenti e la celeberrima Ave Maria di Astor Piazzolla.