“L’amore non perdona”, il 5 gennaio al Godot la proiezione del film di Stefano Consiglio

Una proiezione fuori programma, per riflettere con il grande cinema d’autore. Giovedì 5 gennaio, alle ore 21, presso il Godot di via Mazas ad Avellino, sarà proiettata la pellicola “L’amore non perdona” del documentarista Stefano Consiglio, al suo esordio con un lungometraggio di finzione.
Nel film, l’autore mette al centro una grande attrice d’oltralpe, Arian Ascaride, e il tema dell’amore che sfida i pregiudizi sull’età, la razza, la religione. La storia è narrata con economia di mezzi e di emozioni, nonostante si classifichi formalmente all’interno del genere melodrammatico, e fa leva sulla profonda umanità dei due attori protagonisti che rende facilmente comprensibile l’attrazione che provano l’uno verso l’altra. Il fatto che siano due stranieri francofoni trasferiti in Italia contribuisce a spiegare la loro immediata sintonia, ma è proprio la capacità di essere autentici a creare fra loro un legame fortissimo e istintivo.
Il film ragiona per estremismi – come la reazione eccessivamente ostile della figlia e di una collega di Adriana – e inserisce alcuni elementi narrativi un po’ forzati – la frequentazione di Mohamed con un cugino sospettato di rapporti con la jihad – ma c’è una genuinità di intenti e una volontà di rompere alcuni schemi mentali che ricorda il cinema anni Settanta, anche per via dello stile quasi documentario del racconto.
 
Intanto, presso il Comune di Atripalda continua la mostra documentaria sui film girati in Irpinia “Un’eterna partenza”, curata da Paolo Speranza.
È un feeling antico, quello tra l’Irpinia e il cinema, e ancora ricco di potenzialità e di scoperte. Poche realtà in Italia, soprattutto nel Sud, possono vantare una tradizione e un immaginario collettivo altrettanto radicati nel rapporto con la settima arte, che risale a quando il pioniere del cinema a Napoli, Roberto Troncone, gira il cortometraggio “Il ritorno delle carrozze da Montevergine” (1909). I passaggi indimenticabili e ormai leggendari (da Fellini a Pasolini, da Zavattini a Lizzani); la suggestione esercitata da un numero considerevole di registi irpini, dallo stesso Scola alla Wertmüller, da Sergio Leone a suo padre Vincenzo, alias Roberto Roberti, uno dei protagonisti del cinema muto, al produttore Dino De Laurentiis; la presenza di un dinamico movimento di base, costituito da cineclub, cineamatori (più volte premiati nei festival nazionali), circoli, associazioni e, oggi, tanti festival e giovani cineasti. È a questa prospettiva storico-antropologica che si ispirano le scelte e le quattro sezioni della mostra: Il santuario del cinema, sull’immagine di Montevergine nei film; I cugini di montagna, dedicata al rapporto problematico ma necessario con la realtà di Napoli; Un’eterna partenza, con l’emigrazione come leit-motiv della storia irpina; e Ciak in Irpinia, sulle location di ieri (e di domani?).