L’ultimo atto della infinita storia della Dogana, con la comparsa sulla scena dei presunti proprietari delle statue, i Della Valle, che pretendono il pagamento delle opere, ha qualcosa di avvilente, di vergognoso, di sconcertante. Dove sono stati questi signori quando per anni le statue sono state abbandonate, dopo l’incendio, in uno stato di assoluto degrado nella Dogana dei grani di Atripalda? Perché non hanno provveduto , se davvero ne sono i proprietari, alla loro conservazione, al loro recupero, come erano tenuti per legge? Nè sappiamo di loro solleciti, durante la chiusura del cinema e prima dell’incendio, alla Soprintendenza per la salvaguardia delle statue, anche per autotutela. La verità, comunque, secondo il nostro parere, è tutta un’altra. Le statue sono vincolate alla facciata indissolubilmente per testamento dei Caracciolo, e altro uso non se ne può fare. Che senso avrebbe allora acquistarle, quando il loro posto è quello, chiunque sia il proprietario, perché Il monumento è un unicum? Il Comune, allora, e questa sembra essere per fortuna la volontà dell’assessore Tomasone, al posto di chiudersi nell’angolo di una inutile e estenuante trattativa, svolga la sua funzione di vigilanza, imponga a chi di dovere il restauro delle statue, in modo che siano ricollocate al loro posto, faccia sentire la sua voce alla Soprintendenza, affinché svolga anch’essa un ruolo attivo nell’opera di recupero del bene. Questa è l’unica strada nella direzione della rapida restituzione dell’intero monumento alla città.