Non si può fare a meno, entrando nell’antico androne del palazzo dove risiede l’Istituto degli Studi Filosofici a Monte di Dio, per la presentazione dell’ultima raccolta di saggi di Antonio Filippetti, pubblicata con le Edizioni dell’Istituto Culturale del Mezzogiorno, di ricordare i martiri della Repubblica Napoletana. “Dobbiamo” al Re di Napoli e Sicilia Ferdinando IV e soprattutto alla consorte Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, l’odio verso i francesi (in quanto sorella di Maria Antonietta, con cui non era in buoni rapporti, ma di cui non poteva accettare, in quanto regina oltre che figlia dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa, la decapitazione) e la ferma rivalsa contro i giacobini. Fu un massacro. Così lo ricorda Il meridionalista Giustino Fortunato:
« Parlo di quella vera ecatombe, che stupì il mondo civile e rese attonita e dolente tutta Italia: l’ecatombe de’ giustiziati nella sola città di Napoli dal giugno 1799 al settembre 1800 per decreto della Giunta Militare e della Giunta di Stato. Il mondo, e l’Italia specialmente, sa i nomi e l’eroismo di gran parte di quegli uomini, sente ancor oggi tutto l’orrore di quelle stragi, conosce di quanto e di quale sangue s’imbevve allora quella Piazza del Mercato, in cui al giovinetto Corradino fu mozzo il capo il 29 ottobre del 1268, e il povero Masaniello tradito e crivellato di palle il 16 luglio del 1647; ma pur troppo, ignora ancora tutti i nomi di quei primi martiri della libertà napoletana! »
Su circa 8 000 prigionieri, 124 furono mandati a morte, 222 condannati all’ergastolo, 322 a pene minori, 288 alla deportazione e 67 all’esilio. Tra i condannati vi furono gli esponenti più importanti della classe borghese e intellettuale di Napoli, provenienti da diverse province meridionali, che diedero il loro appoggio alla Repubblica; tra questi ricordiamo Pasquale Baffi, Mario Pagano, Eleonora Pimentel Fonseca,Luisa Sanfelice, Ignazio Ciaia, Domenico Cirillo, Giuseppe Leonardo Albanese, Vincenzio Russo, Francesco Caracciolo,Michele Granata, Gennaro Serra di Cassano, Niccolò Carlomagno, Michele Natale giustiziati, Giustino Fortunato senior, evaso dal carcere, e Vincenzo Cuoco, condannato all’esilio, pena cui incorse anche il vescovo Bernardo della Torre, vicario generale dell’arcidiocesi di Napoli.
Rita Pennarola, coordinatrice dell’incontro, ha annotato con una certa tristezza il dubbio che l’intellighènzia napoletana non partecipi agli incontri di cultura, sebbene, con una punta di panico ci tocca chiederci se la morte di centoventuno esponenti della Repubblica Napoletana del 1799, che rappresentavano senza dubbio l’ intellighènzia del momento, non abbia privato il futuro di Napoli, per motivi squisitamente genetici, dei figli, dei nipoti e dei pronipoti di quelle pregevoli teste pensanti, giustiziati in seguito alla repressione borbonica dopo la caduta della repubblica.
Da donna, piango quella Eleonora Fonseca Pimentel, direttrice del “Monitore Napoletano”, che fu giustiziata a Napoli il 20 agosto 1799.
Ma non ci tocca piangere sul passato, semmai cercare di dare vigore al presente, come si deve fare nel porre attenzione a quel “Fata Morgana”, ultima raccolta di saggi in ordine di tempo, del giornalista Antonio Filippetti, pubblicata con le Edizioni dell’Istituto Culturale del Mezzogiorno. Chi lo ha seguito sa che il libro completa un ciclo di studi decennale, iniziato con “Il lungo Sonno” (2006) e proseguito successivamente con “La Sirena Fuorilegge”, (2009), “It-Alieni, il paese delle mezze calzette” (2010) e “Bella Italia brutta gente” (2012).
Secondo il desiderio dell’autore i cinque volumi costituiscono un’approfondita e documentata analisi dei falsi miraggi (da qui anche l’allusione di quest’ultimo titolo) che hanno fagocitato una società suggestionata da falsi miti, allettata da scorciatoie facili, assetata di privilegi a buon mercato, e del tutto insensibile al richiamo di concetti come dovere professionale, impegno civile, rispetto istituzionale. L’autore sottolinea che, “in una deriva senza tregua, sono stati smarriti anche i valori della solidarietà e i vincoli della legalità, perpetrando per altro un continuo oltraggio alle straordinarie tradizioni culturali del nostro paese.” Presentato all’Istituto per gli Studi Filosofici, ha inteso offrire ai presenti l’occasione per un seminario di riflessione, coordinato da Rita Pennarola, giornalista professionista, codirettore del mensile «La Voce delle Voci», vincitrice nel 2007 del Premio di giornalismo “Saint Vincent”, ha visto la partecipazione di Ernesto Paolozzi; fondatore dell’Associazione “G.Amendola” e della rivista “Studi Critici”, è stato direttore scientifico della Fondazione Luigi Einaudi di Roma per il triennio 1992 – 1995 ed è attualmente componente del Comitato scientifico; di Carlo Di Lieto, tra l’altro ordinario di Italiano e Storia nei Licei e Professore a contratto di Letteratura italiana presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli; Gilberto Marselli, Luciano Scateni, Bruno Pezzella, uomo di cultura e autore di talento:ultimo nato: “Nik Stupore … e i tre nodi del marinaio” (edito da Rogiosi), ha il merito di realizzare con categoricità manifestazioniche spaziano dalla letteratura, alla musica e ad altri tipi di forme artistiche in una Napoli di non facile gestione sotto il profilo della cultura viva e Mauro Giancaspro, che ha diretto per dieci anni la Biblioteca Nazionale di Cosenza e da dodici dirige la Biblioteca Nazionale di Napoli. Scrittore, collabora con il Mattino, Arte in, e L’Almanacco del bibliofilo. Giancaspro, nel ricordare la figura di Gerardo Marotta ha voluto dare al pubblico presente la bella notizia che la biblioteca dell’Istituto italiano per gli studi Filosofici, il cui patrimonio immenso, è stato assemblato, appunto, da Gerardo Marotta, definito anche il «filosofo di Monte Echia», dovrebbe permanere nel luogo dove è nata. Difatti, i testi prestigiosi, attualmente separati in varie sedi, finalmente si ricomporranno nell’ex caserma Nino Bixio di Monte di Dio. Sembra accertato l’impegno del Comune di Napoli che ha aperto una mediazione con i responsabili della struttura. Serata senza dubbio ricca di spunti polemici, di cui alcuni produttivi, ha visto la presenza in sala di persone appartenenti alla cultura napoletana, disponibili all’ascolto e al dialogo. Non si poteva lasciare gli antichi luoghi senza pensare alla storia quarantennale dell’Istituto italiano per gli studi filosofici , la cui creazione, voluta fortemente da Gerardo Marotta, partì nell’anno 1975, da lui finanziata per i primi quindici anni, quindi per l’intervento di Carlo Azeglio Ciampi, che sostenne l’Istituto fino all’avvento di Tremonti. L’Istituto, che vive momenti non certo facili, andrebbe sorretto per la memoria storica di Napoli e di quegli uomini di cultura che hanno perduto la vita e la libertà in nome del libero pensiero e della cultura. Bianca Fasano.