LIONI – Il “Cinema nuovo” di Lioni (Av) e il Parco Letterario Francesco De Sanctis organizzano un evento di grande rilevanza culturale e spettacolare. Infatti, venerdì 31 ottobre, alle ore 17.00, sarà presentato il libro – sceneggiatura “Il giovane favoloso. La vita di Giacomo Leopardi” (Mondadori, 2014) di Mario Martone e Ippolita di Majo. I due autori saranno intervistati da Paolo Saggese del Parco Letterario De Sanctis.Seguirà la proiezione del film “Il giovane favoloso”, regia di Mario Martone.
Soddisfatti di questa importante manifestazione sono sia i componenti del gruppo di progetto del Gal Cilsi, che realizzano le attività del Parco, sia i proprietari del “Cinema nuovo”, Alfonso e Pasquale D’Amelio.
D’altra parte, il Parco letterario non poteva non promuovere questa manifestazione, visto il profondo legame che unì De Sanctis a Leopardi, evocato con grande commozione in alcuni capitoli de “La giovinezza” desanctsiana. D’altra parte, come è noto, De Sanctis fu uno dei primi scopritori della grandezza di Giacomo Leopardi, come dimostrano non solo i tanti saggi dedicati al poeta, ma anche altri scritti dell’intellettuale di Morra. Leopardi fu, del resto, il “poeta diletto” dello storico della letteratura irpino. Dal 1849 in poi passando per i saggi dedicati “Alla sua donna” (1855), alle lezioni zurighesi del ’58, allo scritto sulla canzone “All’Italia” (1869) sino al corso leopardiano del ’76, l’interesse per Leopardi culminò nello “Studio sul Leopardi” del 1883.
La grandezza umana e poetica del Leopardi, d’altra parte, fu definitivamente accertata e dimostrata nello scritto “Schopenhauer e Leopardi. Dialogo tra A e D” (1858), in cui, tra l’altro, il De Sanctis scrive:
“Leopardi produce l’effetto contrario a quello che si propone. Non crede al progresso, e te lo fa desiderare; non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni l’amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un desiderio inesausto. E non puoi lasciarlo, che non ti senta migliore; e non puoi accostartegli, che non cerchi innanzi di raccoglierti e purificarti, perché non abbi ad arrossire al suo cospetto. È scettico, e ti fa credente; e mentre non crede possibile un avvenire men tristo per la patria comune, ti desta in seno un vivo amore per quella e t’infiamma a nobili fatti. Ha così basso concetto dell’umanità, e la sua anima alta, gentile e pura l’onora e la nobilita. E se il destino gli avesse prolungata la vita infino al quarantotto, senti che te l’avresti trovato accanto, confortatore e combattitore”.
Probabilmente, questa riflessione desanctsiana molto si addice al “giovane favoloso” (definizione ispirata da uno scritto di Anna Maria Ortese) del titolo del libro e poi riproposto dal regista sul grande schermo.
Soddisfatti di questa importante manifestazione sono sia i componenti del gruppo di progetto del Gal Cilsi, che realizzano le attività del Parco, sia i proprietari del “Cinema nuovo”, Alfonso e Pasquale D’Amelio.
D’altra parte, il Parco letterario non poteva non promuovere questa manifestazione, visto il profondo legame che unì De Sanctis a Leopardi, evocato con grande commozione in alcuni capitoli de “La giovinezza” desanctsiana. D’altra parte, come è noto, De Sanctis fu uno dei primi scopritori della grandezza di Giacomo Leopardi, come dimostrano non solo i tanti saggi dedicati al poeta, ma anche altri scritti dell’intellettuale di Morra. Leopardi fu, del resto, il “poeta diletto” dello storico della letteratura irpino. Dal 1849 in poi passando per i saggi dedicati “Alla sua donna” (1855), alle lezioni zurighesi del ’58, allo scritto sulla canzone “All’Italia” (1869) sino al corso leopardiano del ’76, l’interesse per Leopardi culminò nello “Studio sul Leopardi” del 1883.
La grandezza umana e poetica del Leopardi, d’altra parte, fu definitivamente accertata e dimostrata nello scritto “Schopenhauer e Leopardi. Dialogo tra A e D” (1858), in cui, tra l’altro, il De Sanctis scrive:
“Leopardi produce l’effetto contrario a quello che si propone. Non crede al progresso, e te lo fa desiderare; non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni l’amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un desiderio inesausto. E non puoi lasciarlo, che non ti senta migliore; e non puoi accostartegli, che non cerchi innanzi di raccoglierti e purificarti, perché non abbi ad arrossire al suo cospetto. È scettico, e ti fa credente; e mentre non crede possibile un avvenire men tristo per la patria comune, ti desta in seno un vivo amore per quella e t’infiamma a nobili fatti. Ha così basso concetto dell’umanità, e la sua anima alta, gentile e pura l’onora e la nobilita. E se il destino gli avesse prolungata la vita infino al quarantotto, senti che te l’avresti trovato accanto, confortatore e combattitore”.
Probabilmente, questa riflessione desanctsiana molto si addice al “giovane favoloso” (definizione ispirata da uno scritto di Anna Maria Ortese) del titolo del libro e poi riproposto dal regista sul grande schermo.