E’ oltremodo significativo che “…aspettando Giffoni” proponga quest’anno il tema della ripartenza. E’ l’occasione per fare un bilancio sul passato, una riflessione sul presente ma soprattutto guardare con fiducia al futuro, verso cui ripartire con rinnovata lena e determinazione.
Ripartire da se stessi
Ripartire è un verbo che apre a molte riflessioni e suggestioni.
Ripartire può significare riprendere un cammino interrotto; un’interruzione, un intervallo, un solco, una linea si pongono tra un PRIMA e un POI.
Si può ripartire ogni giorno per andare a lavorare dopo il riposo notturno. Si riparte con la vita di ogni giorno dopo una vacanza.
Ci si ritrova a riprendere un cammino dopo eventi significativi nella vita: una malattia, una perdita affettiva, un fallimento in amore o sul lavoro, un terremoto, una guerra….si riparte dopo il baratro dell’alcool e delle altre droghe e delle complicazioni da essi provocati.
Ripartenza non è cancellare, condannare, rimuovere, negare, ma sforzarsi di leggere quanto accaduto prima nella propria vita -a partire dalle sconfitte, dal dolore, dalle ferite- in una cornice di comprensione più ampia che ci permette di collocarci su un livello di osservazione (della nostra ed altrui storia) più alto e più tollerante. La trascendenza è forse il termine più adatto per esprimere tale processo che è più spirituale che psicologico. Andare oltre, imparando a leggere con lo sguardo della comprensione, della tolleranza e del perdono, non è fuggire avanti, ma comprendere che il riconoscimento della nostra fragilità è il punto di partenza per una saggezza esistenziale che può condurci all’essenzialità del vivere, alla sobrietà.
Dionigi Tettamanzi nel suo libro “Non c’è futuro senza solidarietà” afferma che la sobrietà è una via privilegiata che porta alla solidarietà, alla condivisione vera e concreta di tutto ciò che è necessario per vivere, secondo la dignità umana che appartiene a tutti. Chi è sobrio sa vedere l’altro, perché ha lo sguardo del cuore puro scevro dalla brama del possesso. La sobrietà non è la semplice astensione dai consumi o il contenimento delle spese, è uno stile di vita complessivo che interpella il senso stesso della presenza dell’uomo.
L’umanità, di cui s’è innamorato Francesco d’Assisi e che è stata ragione della sua conversione, una vera ripartenza verso un’altra direzione della sua vita. Questa umanità disarmata, o meglio vestita solo della sua disarmante semplicità come quella di Lucia dei Promessi Sposi di fronte all’Innominato, è capace di sconvolgere il destino e la vita di chi è alla ricerca del senso profondo della vita. Tale umanità diventa testata d’angolo, punto di partenza per edificare un’altra civiltà, quella della comunità solidale.
Oscar Wilde ci soccorre nella misura in cui ricorda che “le cose vere della vita non si studiano né si imparano, ma si incontrano”.
Servire la vita è aprirci ad una scelta di libertà che aiuti a capire che un conto è vivere, altra cosa è sopravvivere; un conto è vivere, altro è stravivere e sprecare. Questa linea di confine è saltata nella nostra civiltà e tocca a noi ricostruirla.
Papa Roncalli con grande passione ammoniva che il cuore di ogni rivoluzione è la rivoluzione del cuore.
Alessandro Manzoni nel 12° capitolo dei Promessi Sposi ci ricordava che “La vita non è già destinata ad essere un peso per molti e una festa per alcuni , ma per tutti un impegno del quale ognuno renderà conto”.
Martin Luther King sottolineava che nessun compito è insignificante; se un uomo è chiamato ad essere uno spazzino, egli dovrebbe spazzare le strade come Michelangelo dipingeva, Beethoven componeva musica o Shakespeare scriveva poesie. Egli dovrebbe spazzare così bene le strade che tutte le legioni del cielo e della terra dovrebbero fermarsi e dire: qui è vissuto un grande spazzino di strada che faceva bene il suo lavoro.
Sulle orme dello spazzino, ripartiamo da noi stessi per imparare a scorgere ed incontrare nella quotidianità il nostro destino.