Wadjda ha 10 anni e un sogno nel cassetto: la magnifica bicicletta verde del negozio accanto per gareggiare con l’amico Abdullah. Peccato le sia vietato, essendo una cittadina dell’Arabia Saudita che, oggi come allora, mantiene la condizione femminile a un livello di segregazione e sudditanza. Il “fuoco sacro” della bambina però non conosce ostacoli né regole, portandola diritta al suo obiettivo, con la sorprendente complicità della madre. Raccontato con uno sguardo apparentemente rispettoso delle regole ma in realtà capace di far emergere le tante contraddizioni della società e le mille involontarie assurdità di una vita divisa tra regole pubbliche e compromessi privati, il film procede con un ritmo spigliato e accattivante, lontano dalle pesantezze dei film a tesi e invece capace di sorprendere con la sua spontaneità e il suo disincanto. Oltre che con la sua sorridente freschezza, che si incarna così bene nel volto sbarazzino eppure indagatore della volitiva Wadjda. Presentata a Venezia 2012 in Orizzonti, la delicata e divertente “commedia-in-favola”, La bicicletta verde sarà ricordata quale primo film diretto da una donna saudita.