Presidente Cipriano che giudizio dà delle politiche culturali della città?
«Si sono fatti passi avanti, questo è innegabile, come è evidente lo sforzo dell’assessore Barbaro di invertire la rotta delle politiche culturali in città, ma purtroppo questo sforzo si scontra con una arretratezza antica e radicata, tale da non rendere tangibili i risultati così a breve termine. Credo che sia necessario un taglio netto con il passato altrimenti si rischia di incancrenirsi nella celebrazione di riti stanchi e improduttivi.»
Si riferisce al Ferragosto?
«Ecco, credo sia tempo di ripensare il Ferragosto. Ormai rischiamo di conservare ed alimentare le vestigia di un evento che ha le proporzioni di una festa fuori dal tempo, scaduta, che non lascia nulla al territorio. 300mila euro possono essere investiti in maniera diversa. E’ tempo di dire addio ai concertoni che assorbono il 90 per cento del budget di tutto il Ferragosto, bruciando nel giro di due ore una cifra che potrebbe essere spalmata su più date per eventi di diversa natura. L’abitudine al “concertone” è antistorica: la città non può vivere due d’ore d’estate e morire durante il resto dell’anno. Mai fu così attuale l’idea di Renato Nicolini che ha inventato non le estati romane, ma una maniera diversa di vivere le città in luglio ed agosto, riappropriandosi dei luoghi. L’idea geniale di Nicolini era quella di popolare i luoghi con contenuti culturali, di cultura alta e bassa senza discriminare, al di là della puzza sotto il naso di chi si nomina intellettuale».
Quindi come immagina il prossimo Ferragosto?
«Intanto lo immagino debba essere costruito secondo queste linee guida portando nei luoghi simbolo della città eventi tematici che siano di teatro, musica, nuove arti, cinema, sperimentazione, letterature. Faccio un esempio: con 60mila euro abbiamo organizzato la rassegna estiva del Gesualdo che in dieci date porta ad Avellino grandi stelle del jazz internazionale. Con 300mila euro si fanno 5 mini rassegne di pari livello, ovvero 50 spettacoli di qualità».
Gli spettacoli di Musica al Parco hanno un biglietto di ingresso e qualcuno si è lamentato del costo eccessivo, cosa risponde?
«Credo sia tempo di chiudere con la logica del contributificio. Bisogna abituare il pubblico a pagare un biglietto di ingresso per gli spettacoli. E lo stesso vale per gli artisti locali, che hanno diritto di cittadinanza nei cartelloni cittadini se accettano di misurarsi e rischiare di proprio mettendo in scena spettacoli che vivono con il pagamento di un biglietto di ingresso come avviene al Teatro Gesualdo. In questo modo si potranno anche razionalizzare i fondi a disposizione. Invece di spendere 300mila euro per un solo mese di eventi si possono immaginare eventi per dieci mesi con 30mila euro al mese, e non mi sembrano pochi».
La questione dei fondi, quelli assegnati dalla Regione Campania ad alcuni Festival, ha tenuto banco alimentando “guerre” di campanile…
«Intanto trovo assurdo che la città capoluogo sia fuori da ogni finanziamento regionale. Questo accade perché troppo spesso non si sa progettare, ma anche perché troppo spesso la Regione fa scelte solo di natura politica».
Per tutta l’estate si è parlato un altro tema caldissimo: la fiera delle Bancarelle, lei cosa ne pensa?
«E’ una vicenda ridicola e vergognosa che offende l’intelligenza e la storia degli avellinesi: 2 mesi a parlare della fiera delle mutande e dei calzini. Su questa vicenda non posso che condividere la posizione del sindaco Galasso, ovvero che la fiera aveva senso 30 anni fa, quando era realmente una vetrina per espositori di merci difficilmente reperibili durante il resto dell’anno. Oggi Avellino ospita un mercato bisettimanale di gran lunga superiore alla fiera delle bancarelle. Se proprio vogliamo pensare oggi ad una fiera è il caso di spostare l’attenzione alla qualità irpina, quindi l’artigianato artistico e l’enogastronomia.»
Lasciandoci le bancarelle alle spalle, da cosa si deve ripartire?
«Dai luoghi simbolo della città. E’ un lavoro identitario che è stato spezzato e che dobbiamo recuperare a tutti i costi. Gli eventi devono tenersi nei luoghi simbolo di Avellino, dalla Torre dell’Orologio inspiegabilmente lasciata a morire, ai cunicoli longobardi, i giardini di Villa Amendola, la Casina del Principe. Ho trovato bello che finalmente si facesse una mini rassegna cinematografica nella Piazza dell’Ex Eliseo, restituendo a quel luogo la sua funzione di Casa del Cinema. Ma vorrei ricordare una stagione felice in cui centinaia di persone con le sedie pieghevoli portate da casa popolavano Piazza Duomo per guardare bellissimi film d’essay, questo grazie ad una intuizione vincente. Oggi quella piazza muore desertificata».