Per un giorno la cucina de borboni è tornata alla sua dimora d’origine, il Palazzo Reale di Napoli che nei suoi locali ospita la Biblioteca Nazionale dove, giovedì 19 luglio, si è tenuta l’anteprima di presentazione dell’evento “Terre di Aglianico – Montemarano Wine Experience”. Al termine dell’incontro, durante il quale i relatori hanno illustrato le caratteristiche del progetto e le peculiarità del vino aglianico, protagonista di una kermesse che animerà il borgo di Montemarano dal 31 agosto al 2 settembre, il ristorante “La Via delle Taverne” di Atripalda ha offerto a tutti i presenti una speciale degustazione di piatti tipici della cucina borbonica del ‘700. Frittata di vermicelli alla scammaro, involtini di peperoni con purea di ceci, involtini di melanzane ripiene di ricotta, mandorle, zucchero e cannella, pasticcetti di carciofi al colì di vitello e torta di frumento sono solo alcune delle pietanze proposte per l’occasione e accompagnate dal vino aglianico delle cantine riunitesi sotto il brand Terre di Aglianico. Proprio questo particolare vino fu una delle bevande preferite dai reali borbonici durante i loro sontuosi banchetti. Il forte legame tra la cucina del tempo e Montemarano, comune irpino dove la produzione di aglianico raggiunge l’eccellenza, ha trovato quindi nella Biblioteca Nazionale, una volta sede del potere borbonico, il giusto punto di incontro. Il patron de “La Via delle Taverne”, Francesco Pedace, coltiva, infatti, il sogno di trasformare il suo ristorante, dove di può rivivere l’atmosfera tipica delle antiche taverne di Napoli, in un punto di riferimento per gli amanti della cucina codificata da Vincenzo Corrado, autore de “Il Cuoco Galante”, un ricettario contenente il meglio dei piatti dell’epoca. La Biblioteca Nazionale di Napoli è perciò il luogo d’elezione in cui presentare questi piatti, proposti con leggere rivisitazioni per incontrare il gusto moderno e preparati con maestria dalla cuoca Rosaria Canò. Piccoli capolavori di gusto, da provare per essere immersi nei sapori di un’epoca di fasti che oggi rivivono in Irpinia grazie all’inventiva di un appassionato estimatore della cultura napoletana.