Alle Terme di Caracalla la 67esima edizione del Gran Premio della Liberazione si è tinta ancora d’azzurro: merito di Enrico Barbin (Trevigiani Dynamon Bottoli) che ha messo il sigillo sul traguardo capitolino davanti ai compagni di fuga Andrea Fedi (Hopplà Vega) e Davide Villella (Team Colpack). Una festa tutta italiana nel giorno in cui si celebrano i valori civili della Resistenza nella manifestazione che unisce la memoria storica e soprattutto quella sportiva dal 1946. Per l’appuntamento targato Velo Club Primavera Ciclistica del neo presidente Andrea Novelli e di quello onorario Eugenio Bomboni si sono presentati 182 corridori in rappresentanza di 37 squadre (28 club italiani e 9 nazionali) che hanno regalato il consueto spettacolo sul magico circuito di 6 chilometri attorno le Terme di Caracalla, Porta Ardeatina e Porta San Paolo. Dopo il via dato da Vincenzo Calò (vice presidente dell’ANPI-Comitato di Roma), dal secondo al quattordicesimo giro si è messo in evidenza un drappello di sei fuggitivi con Francesco Acquaviva (Team Brilla), Simone Petilli (Delio Gallina), Klemen Stimulak (Slovenia), Jacopo Mosca (GS Podenzano), Nurbolat Kullmbetov e Ilya Davidenko (Kazakistan) che hanno avuto un vantaggio massimo attorno ai 40 secondi. Una prima avanguardia del gruppo con Micheal Freiberg (Australia), Calvin Watson (Australia), Mirko Nosotti (Team Casati), Moreno Muscianese (Farnese Vini D’Angelo&Antenucci), Andrea Fedi (Hopplà Vega), il campione nazionale albanese Eugert Zhupa (Trevigiani Dynamon Bottoli), Francesco Sedaboni (Team Colpack) e Raffaele Bacci (Caparrini Le Village) si è riportata su sei uomini al comando: preludio del gruppo compatto a 60 chilometri dalla conclusione. A sei giri dalla fine è nata l’azione decisiva per le sorti della corsa promossa da Giuseppe Fonzi (Team Colpack), Andrea Fedi (Hopplà Vega), Davide Orrico (Team Colpack), Enrico Barbin (Trevigiani Dynamon Bottoli) e Davide Villella (Team Colpack). Una fuga ben assortita e interessante con Fedi e Barbin che subivano ripetutamente la superiorità numerica dei tre alfieri del Team Colpack. Usciti di scena Fonzi e Orrico, il proscenio dell’ultimo giro è stato tutto di Villella, Fedi e Barbin protagonisti di un serrato braccio di ferro con il gruppo prima a 40 secondi e poi, all’altezza dell’ultimo chilometro, a 15 secondi. All’ultima curva del rettilineo di Viale Terme di Caracalla, Fedi voleva essere il più lesto a prendere il tempo nella volata ma negli ultimi 150 metri Barbin ha imposto la sua legge riuscendo a spuntarla sullo stesso Fedi mentre Villella ha rinunciato allo sprint finendo terzo. Dietro, il gruppo è arrivato a 7 secondi con il quarto posto di Kristian Sbaragli (Hopplà Vega) e il quinto di Thomas Fiumana (Petroli Firenze). Dall’edizione 2008 mancava un podio tutto italiano mentre per il terzo anno di fila il Liberazione ha laureato un vincitore senza volata di gruppo. Per la cronaca a Jacopo Mosca è andata la classifica finale del traguardo volante intitolato a Lucio Tonelli, a Davide Orrico quella intitolata a Gino Sala mentre il kazako Nurbolat Kullmbetov ha ricevuto il premio della combattività per la fuga che ha caratterizzato le fasi iniziali della corsa. “Vincere il Liberazione fa un bell’effetto per me che ho partecipato per la prima volta. L’ordine dei partenti era davvero importante e noi della Trevigiani ci siamo presentati con cinque atleti forti in fuga e in volata. Con la superiorità numerica del Team Colpack ho rischiato ma al momento dell’arrivo sono uscito in seconda posizione con le gambe un po’ legnose e poi ho ripreso vigore per gli ultimi 150 metri. Quest’anno ho iniziato con una maggior convinzione e i risultati stanno dando ragione. Sono sempre stato nel mondo del ciclismo grazie a mio fratello maggiore Stefano che ha corso il Liberazione quando era dilettante e, vedendolo in televisione, mi sono detto: in futuro lo vincerò”. Bergamasco di Osio Sotto, Enrico Barbin, classe 1990, è cresciuto a pane e ciclismo con la UC Osio Sotto dai giovanissimi agli allievi, con il Team Giorgi da juniores (9 vittorie), l’Unidelta e la Trevigiani Dynamon Bottoli da under 23 con all’attivo la Piccola Sanremo e la tappa Figline Valdarno-Scarperia alla Toscana Terra di Ciclismo. “Abbiamo giocato bene le nostre carte, ci siamo presentati con gli uomini per la volata e per andare in fuga e Barbin ha fatto una grande corsa d’attacco” ha dichiarato Marco Milesi, direttore sportivo della Trevigiani Dynamon Bottoli. “Non è un caso che il Gran Premio della Liberazione venga considerato come un mondiale Primavera con i migliori atleti dilettanti al via – ha affermato il secondo classificato, il pistoiese Andrea Fedi – Sono un po’ amareggiato per la volata finale, dove ho creduto fino all’ultimo di vincere. La fase più delicata è stata negli ultimi due giri, dove temevo il ritorno del gruppo. Si tratta comunque di un importante piazzamento che mi dà la carica giusta per i prossimi appuntamenti in calendario”. “Visto che ero battuto in partenza nella volata finale, ho deciso di provare la fuga a 9 chilometri dall’arrivo con il mio compagno Fonzi – ha commentato il bergamasco Davide Villella, terzo classificato – Ho il rimpianto di aver speso troppo durante la gara e sono arrivato stanco all’ultima curva nonostante fossi in testa. Non ho mai gareggiato in un circuito così particolare dal punto di vista scenografico ma tecnicamente nervoso in cui non si sapeva mai cosa potesse accadere. Comunque sono soddisfatto del terzo posto in previsione delle prossime gare”. Oltre alle gesta agonistiche, le Terme di Caracalla hanno ospitato nuovamente il Bike Village a cura dell’AS Roma Ciclismo del presidente Lorenzo Baldesi che ha avvicinato tanti piccoli bambini (con e senza bici) con la supervisione di istruttori sempre pronti ad aiutare tutti anche i meno esperti. Una festa dello sport come vuole sottolineare il presidente della Primavera Ciclistica Andrea Novelli: “Ho vissuto una giornata stupenda in cui il Gran Premio della Liberazione ha espresso tutto il fascino sia dal punto di vista agonistico che dell’immagine della nostra città. Complimenti a Enrico Barbin, perché nelle sue parole ha espresso una maturità che sembra destinato a una grande carriera”.