Tra poche settimane sulla pista australiana di Phillip Island, il mondiale Sbk prenderà il via. C’è da scommetterci che sarà una stagione adrenalinica, ricca di colpi di scena, con uno spettacolo unico, che solo nelle gare tra le derivate di serie è possibile ammirare. Questo nonostante la crisi stia martellando duro come non mai l’ambiente delle due ruote. Tra i protagonisti ci sarà il Team Pedercini, che dal 1998 è una delle squadre private più agguerrite del circus; a capo c’è il mantovano Lucio, ex pilota che alla compagine ha dato il proprio cognome. Ho avuto modo di conoscere di persona Pedercini quattro anni fa, in occasione della presentazione del suo team agli appassionati ad Avellino. Avevo di fronte una persona gioviale, dalla grande passione; nonostante il mio “interrogatorio” sull’ambiente della Sbk, Lucio rispose ad ogni mia curiosità. Oggi capita di scambiare con lui delle battute attraverso i social network, e così prima della partenza per il continente dei canguri e koala, gli ho fatto queste domande:
Quali sono state le soddisfazioni più belle che hai vissuto come pilota, e quali quelle come team manager?
“Come pilota ne ho tante. Ricordo con piacere le emozioni del debutto nella classe 500 del Motomondiale avvenuto in sella ad una Paton nel 1992. Era la gara del Gran Premio d’Europa. Poi ci sono quelle legate agli anni del mondiale Sbk quando guidavo una Ducati. Nel 2003 conclusi nono, mentre nel 2004 a Misano centrai una pole position. Come team manager penso debba ancora togliermi delle soddisfazioni”.
Il bilancio della stagione 2011 della squadra?
“Non male, perché ci siamo difesi bene in un campionato difficile, dove in pratica ci sono solo team ufficiali”.
Come è cambiato il mondiale Sbk negli ultimi anni?
“Molte squadre private sono scomparse perché servono sempre più soldi. Andiamo a confrontarci contro i team ufficiali, e la sfida si fa sempre più difficile”.
Nell’ottica delle prestazioni, quanto conta la moto, quanto i pneumatici, quanto i tecnici, quanto il pilota?
“Da quando c’è il monogomma, fondamentale è il binomio pilota-moto. La competitività del pilota dipende dal suo polso, mentre quella della moto dalla bravura dei tecnici, dalla bontà del materiale sul quale si lavora, dal budget a disposizione”.
Kawasaki Ninja: come si è evoluta negli anni?
“La casa madre sta lavorando molto per rendere la moto competitiva. Sembra ci stia riuscendo, e quest’anno credo che faremo molto bene”.
Come si sopravvive in tempo di crisi nelle competizioni e che programma avete sui piloti?
“Oggi è veramente difficile sopravvivere. Per questo non ho ancora chiuso con i piloti, perché servono risposte certe”.