AVELLINO – La XXII rassegna “Visioni” si è chiusa giovedì 28 aprile con i toni sommessi del film di Marco Bellocchio, “Sorelle Mai”. Come avviene sempre per i grandi autori, anche in questo film, apparentemente minore, una trama di riferimenti dà densità al racconto, proponendo come riflessione collettiva una ricerca personale. Anche il primo film della Rassegna, “In un mondo migliore“ di Susanne Bier suggeriva, indirettamente, l’incrocio fra violenza pubblica e risorse morali private. Il nucleo duro, difficile da sciogliere della violenza in Africa, si legava, nel film della regista danese, alla logica della violenza anche nei rapporti privati, alla quale i giovani protagonisti reagiscono con una violenza uguale e speculare. E’ il padre ad esplicitare, a costo di apparire agli occhi del figlio un perdente, che non tutto quello che si può fare, si deve fare, che atto di forza e di coraggio è anche la capacità di resistere all’impulso della ritorsione, e questo, suggerisce la regista, è una risorsa morale necessaria per la nostra vita. La convivenza è una trama che si deve saper tessere in prima persona, senza scaricare tutte le proprie responsabilità, come suggerisce anche l’ultimo film di Marco Bellocchio, “Sorelle Mai“. Qui c’è un mondo di provincia, residuale certo, ma che ancora resiste, sa ancora dare accoglienza, rifugio, all’inquietudine dei nipoti. Custodi della casa sono due vecchie zie che sanno ancora accogliere e proteggere i nipoti i quali cercano altrove, nella grande città, la realizzazione e la messa alla prova dei propri sogni. Marco Bellocchio, dopo la durezza del film d’esordio “I pugni in tasca“, torna con uno sguardo rinnovato al suo mondo. Quel mondo si fa vedere ora con altri occhi, perché è rimasto, nonostante tutto il tempo trascorso, impregnato di umanità. Ma anche questo, residuo, barlume di umanità può scomparire, se non viene riconosciuto come risorsa a cui attingere. Quello che viene dal primo e dall’ultimo film della Rassegna Visioni, in sintonia peraltro con tutto il filo conduttore che l’ha legata, è un messaggio forte: i giochi, apparentemente, si fanno altrove, in quel mondo ostile che incombe alle nostre porte, ma come nell’arte della tessitura, i fili, spezzati, riannodati, intrecciati, sono anche e sempre nelle nostre mani. Come ragni che tessono la loro tela, bisogna avere un centro, una convinzione, che sia capace di rinnovare le nostre volontà. Il centro è un “noi” che non rinuncia a investire risorse in quello che ancora vale alimentare. Il filo può riannodarsi sempre, per iniziare altri percorsi, per darsi la libertà di sperimentare nuove combinazioni. Lo sguardo maturo di Bellocchio (ancora un padre nei nostri film di quest’anno) ci ricorda, nel film “Sorelle Mai”, che sono finiti i tempi dell’illusione di rifondare la vita privata e pubblica partendo da zero. Il lavoro ora, dopo quarant’anni, è quello di salvare quello che può essere salvato per conservarlo come bene prezioso da preservare e riusare. Il regista suggerisce che è il momento di fare l’inventario di quello che ci appartiene veramente, in una modernità che sembra solo sottrarci risorse. La voce di Modugno, nell’ultima enigmatica scena, è un canto struggente d’amore e nostalgia e insieme la consegna di una eredità che spetta a noi, se vogliamo, conservare e gestire. Una generazione, quella dei padri, è arrivata fino qua, fra rotture e contraddizioni. E’ compito dei figli, interrotta la fase di una smemorata “adolescenza“, decidere se accogliere, custodire questa eredità e lasciarvi la propria impronta o mandarla perduta per sempre. E’ una scelta, nel solco già tracciato, è una libertà che non ha più bisogno di gesti plateali di rivolta, ma solo di accogliere materia per costruire ancora e sempre daccapo la nostra storia. Anche quest’anno, con i film della XXII rassegna Visioni, abbiamo condiviso un percorso complesso e profondamente calato nell’attualità. Un percorso fiducioso nell’individuo e nella sua capacità di lasciarsi coinvolgere e dare un senso pubblico alla propria esperienza. Ed è anche per questo che, dopo l’appello sottoscritto lo scorso anno per la liberazione del regista indipendente Jafar Panahi, arrestato dal governo iraniano per l’appoggio dato al movimento dell’Onda Verde in Iran, quest‘anno prolunghiamo la rassegna con la proiezione di “OFFSIDE“, l‘ultimo film di Panahi, ancora oggi agli arresti domiciliari. Giovedì 5 maggio vedremo un film che in Iran la censura impedisce di proiettare. Noi lo proponiamo a sostegno della libertà di espressione, contro ogni censura, in Iran e nel nostro mondo. Questa iniziativa è stata presa insieme alle associazioni che ad Avellino si occupano di film – Zia Lidia Social Club, Immaginazione, Quaderni di Cinemasud – e si svolgerà come tutta la Rassegna Visioni, presso il cinema Partenio giovedì 5 maggio, negli orari abituali: 15.30 – 17.30 – 19.30 – 21.30.