AVELLINO – Arriva al Teatro Carlo Gesualdo l’ultimo successo di Vincenzo Salemme, per il gran finale della nona stagione del Massimo Irpino. Da giovedì 28 aprile a domenica primo maggio, in scena “Astice al veleno”, una pièce in due atti brillante romantica. Salemme cala il poker, con quattro attesissime messe in scena, in programma giovedì, venerdì e sabato, alle ore 21, e domenica alle ore 18,30, (sabato e domenica le due date dedicate agli abbonati di turno A e B, giovedì e venerdì i due appuntamenti fuori cartellone). Sul palcoscenico del Massimo Irpino quel meccanismo comico farsesco, che è la cifra dell’autore, e porta in sé i caratteri della migliore commedia, prodotta dalla “Chi è di scena!”. Uno spettacolo che si avvia velocemente verso il tutto esaurito, con 3029 biglietti venduti e oltre 400 prenotazioni da tutta la regione e che ha finora totalizzato la bellezza di un centinaio di repliche ed è stato freneticamente applaudito da oltre novantamila spettatori. Un invito a sognare come in una favola, a guardare le cose quotidiane con gli occhi innocenti di un bambino. È la morale nascosta tra le pieghe di una pièce, articolata sul perno di un sapiente meccanismo da farsa. Salemme, come sempre alla direzione dello spettacolo e in scena con il suo affiatato gruppo di attori, introduce come novità una decina di pezzi inediti cantati dai personaggi, passaggi musicali che spezzano e alleggeriscono il ritmo serrato delle battute. Protagonisti sono Barbara e Gustavo. Lei è un’attricetta che sta provando uno spettacolo ed attualmente è l’amante addolorata e delusa del regista, un inseparabile ammogliato. Gustavo invece è un pony express che porta in giro pacchi dono per il Natale imminente. La vicenda infatti nasce e finisce nella giornata del 24 dicembre. Nel teatro dove Barbara debutterà tra pochi giorni, in scena coi protagonisti ci saranno quattro figure molto particolari: sono le statue raffigurate nella scenografia, una lavandaia del Cinquecento, uno scugnizzo di Gemito, un poeta rivoluzionario proveniente dal Regno delle Due Sicilie, un “Munaciello”, figura mitologica dell’iconografia popolare napoletana, che si esprime come un primitivo. Barbara è una donna molto suscettibile e sognatrice e, proprio per questa sua fragilità psicologica, parla con queste figure inanimate che però nella sua fantasia prendono vita. Solo lei (e il pubblico in sala) le vede “vivere”. E invece quando in teatro arriva Gustavo, col costume di Babbo Natale per una consegna, anche per lui le statue si animano. E’ il segno che tra i due c’è molto in comune. Barbara decide di mettere fine alla sua relazione con il regista adultero attuando un piano diabolico e a tal fine organizza una cena a lume di candela in teatro. Il tutto condito dalle incursioni di un astice vivo da cucinare, ma che nessuno ha il coraggio di ammazzare.